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Il libro dei cinque anelli

Gorin-no-sho, tradotto in italiano come Il libro dei cinque anelli si suddivide in cinque sezioni che richiamano la simbologia dello spirito (il Vuoto) e dei quattro elementi
(Terra, Acqua, Fuoco, Aria) che insieme danno forma all’universo. L’opera nasce come manuale del perfetto guerriero, ma viene letta come una guida che indica la strada da seguire per vincere le proprie battaglie e avere successo. Per questo motivo il manuale è stato adottato come testo di studio nei corsi per manager di tutto il mondo. L’essenza più profonda del “Libro dei cinque anelli”, tuttavia, è nel suo significato spirituale: esso, infatti, guida ciascuno in un intenso cammino di autoperfezionamento e insegna a sviluppare in modo armonico sia l’intuizione sia la comprensione intellettuale, per una realizzazione più piena e completa della propria personalità.

Cucina giapponese

 

Miyamoto Musashi
宮本武蔵

(Miyamoto, Giappone 1584 – 1645)

Fu il più celebre maestro di spada giapponese, di cui si dice non perse mai un incontro.
Iniziò a combattere
a tredici anni
e continuò fino ai cinquanta.
Dopo si ritirò per dedicarsi allo studio della letteratura,
della calligrafia,
della pittura e all’arte della forgiatura
delle spade, nella quale diventò un grande maestro.

 

Fotografie di sinistra e in alto:
il Samurai
Miyamoto Musashi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cucina giapponese – riso per sushi

寿



Ingredienti

300 gr riso giapponese a chicco piccolo;
330 ml acqua;
1 foglio di alga kobu grande come una cartolina (facoltativo);
Per la miscela di aceto:
4 cucchiai di aceto di riso giapponese;
2 cucchiai di zucchero;
1/2 cucchiaino di sale

Tempo di preparazione
1 ora e 30 minuti


Ku significa “vuoto”. Ku è ciò che non si può conoscere.
Naturalmente il vuoto è il nulla. Praticando la forma, si percepisce il vuoto.
Questa è la natura del ku. Miyamoto Musashi
Ku-No-Maki Libro del vuoto
Il libro dei cinque anelli

 

Al sushi bar

Dire O-ma-ka-se significa lasciar decidere allo chef il menu, in base ai suoi suggerimenti, alle materie prime più fresche e ai piatti con i quali è preferibile iniziare. Si viene comunque interrogati sui propri gusti e sui pesci preferiti.
Dire O-ko-no-mi significa voler scegliere il menu in base alle proprie preferenze, ma si possono comunque chiedere allo chef consigli sui migliori piatti del giorno






Il riso per il sushi, detto sushi meshi, si prepara con pochi e semplici gesti tramandati da una tradizione millenaria. Il riso viene cotto e poi aromatizzato con la miscela di aceto della quale in Giappone ogni sushi bar ha la propria ricetta segreta.

Lavare accuratamente il riso ponendolo in un setaccio immerso in una ciotola colma d’acqua. Cambiare l’acqua finchè risulti limpida. Scolare e lasciare riposare nel setaccio per 30 minuti.

In caso di impiego dell’alga kombu, praticare dei tagli nel foglio per favorire il rilascio del sapore durante la cottura.

Disporre il riso lavato e l’acqua in una pentola dal fondo pesante. Aggiungere l’alga kombu e coprire con un coperchio. Portare a bollore. su fuoco medio e continuare la cottura per 5 minuti senza togliere il coperchio.

Ridurre il calore e far sobbollire per 8-10 minuti. spegnere e lasciar riposare per 10 minuti. Sollevare il coperchio ed eliminare l’alga kombu.

Riscaldare gli ingredienti per la miscela di aceto in una pentola (non d’alluminio). Evitando di far bollire, far sciogliere mescolando zucchero e sale. La regola generale è che più è intenso il sapore di farcitura o guarnizione alle quali il riso è accompagnato e più la miscela di aceto deve essere salata e meno dolce. Per esempio:
Nigirizushi
aceto 120-150 cc; zucchero 0-30 gr; sale 12 gr
Chirashizushi
aceto 120-150 cc; zucchero 50 gr; sale 12-15 gr

Passare il riso nell’apposito contenitore di legno (hanghiri). Versare un po’ della miscela di aceto sul riso facendola colare prima sulla spatola.

Smuovere delicatamente il riso e lentamente aggiungere una piccola quantità della miscela di aceto e mescolare usando la spatola sempre di taglio, in modo che il riso non si rompa e possa poi assorbire il condimento.

Sventolare il riso con il ventaglio (uchiwa) o con un foglio di carta per raffreddarlo e per favorire l’evaporazione dell’aceto. Continuare a versare con la spatola la miscela di aceto finchè il riso appare lucente ed è a temperatura ambiente.

Usando la spatola spostare il riso tutto da una parte in modo che non si asciughi troppo, coprire con un panno umido e lasciare riposare. Consumare in giornata.

Attrezzatura

setaccio; ciotola; recipiente hanghiri, ventaglio giapponese uchiwa, spatola di legno (shamoji), forbici

Calorie

maki sushi (riso e verdure) 30 Kal
nigiri sushi (riso, pesce e verdure) 36 Kal

 

 

 

 

 

 

 

Ricette degli chef – Carne

Battuta di Fassone, pane ai capperi,
peperoni al forno, olio di sesamo

ricetta degli Chef Giovanni Grasso e Igor Macchia ristorante La Credenza
San Maurizio Canavese (TO)
dedicata a Falstaff
di William Shakespeare per “Assaggi di Teatro

[continua]

zenzero

aforismi*gourmet

D’aspetto cornuto. Questo significa il nome derivato dal sanscrito cringa-vera per indicare i rizomi, ossia la parte bitorzoluta e irregolare dello zenzero, diffuso sia in cucina sia per usi terapeutici.
Nativo del Sud-est asiatico, lo Zingiber officinalis è una pianta tropicale perenne conosciuta da tempi remoti. Mentre nell’antico Egitto si erigono le prime piramidi e si sperimenta la tecnica della mummificazione, in Cina lo zenzero è già conosciuto e usato per le sue proprietà benefiche, tanto che l’mperatore Shen Nung, letteralmente “il contadino divino” celebre per le sue grandi conoscenze in campo agricolo e in materia di erbe officinali (ne avrebbe assaggiate parecchie centinaia) nonchè ideatore del tè, lo cita ne Il classico delle erbe, un
trattato sulle erbe officinali redatto cinquemila anni fa.
Lo zenzero fresco ha un aroma agrumato e intenso di resina, pinoli e scorza di limoni. Nell’acquisto è importante controllare che la scorza (simile per colore a quella delle patate) e polpa siano ben sode, e va conservato in frigorifero per non più di due settimane. Si usa tagliato a fettine o grattuggiato e anche marinato, cristallizzato con zucchero, confettato e ricoperto di cioccolato.
Il rizoma essiccato è più piccante e deve essere conservato con cura, in un recipiente ermetico e lontano dalla luce.  Poichè deperisce velocemente, perdendo presto sapore e profumo, va acquistato in piccole quantità.

La diffusione della cucina giapponese e cinese ha riportato in auge le spezie, ma la “folie des èpices” (Fernand Braudel) fu uno dei motori del commercio medievale e lo zenzero in Europa era già presente nei menu di epoca medievale e rinascimentale, complici le virtù curative conosciute da millenni in Oriente e la fama di potente afrodisiaco. Benefici del resto noti anche nell’antica Grecia (citato dal medico e filosofo Galeno nel I secolo d.C.) e nell’impero romano (esaltato da Dioscoride, medico degli imperatori Claudio e Nerone, e presente in molte ricette di Apicio)
La radice bitorzoluta ha affascinato dotti e letterati di ogni epoca.
Hildegard von Bingen, una delle figure femminili più note del Medioevo e che nel libro Physica descrive in modo preciso e poetico oltre 175 erbe aromatiche e spezie, nelle sue ricette per il corpo e l’anima raccomanda lo zenzero per curare stipsi, occhi annebbiati, dolori di stomaco, macchie della pelle ecc., ma curiosamente lo sconsiglia ai sani che diventerebbero fiacchi e dissoluti. Un secolo dopo, la grande disponibilità di peiver, zenzavro e moscao (pepe, zenzero e noce moscata) è citata con orgoglio dall’anonimo poeta genovese autore del De condicione civitate Ianue e nel Trecento Chauser, nei Racconti di Canterbury, scrive rapito “Piante di ginger verde e pallida liquirizia, e chiodi di garofano che offrivano la loro dolcezza insieme alla noce moscata da mettere nella birra… o anche da conservare in uno scrigno”.
Lo zenzero è ricco di oli essenziali e principi attivi con azione digestiva, battericida, tonica, analgesica, antiossidante. Ha un elevato contenuto di vitamina C, abbassa il colesterolo ed è ottimo nella prevenzione di nausea, mal d’auto e mal di mare, col vantaggio di non procurare sonnolenza. L’infusione di zenzero e timo combatte raffreddore e gas intenstinali.
Nel Nord Europa è usato per aromatizzare pietanze dolci (si pensi ai biscotti allo zenzero tanto amati dalla piccola eroina letteraria svedese Pippi Calzelunghe) e salate; in Gran Bretagna è l’aroma di una birra e di una particolare bevanda analcolica, il ginger-ale. In Oriente è spesso associato al curry in piatti di pesce e carne mentre in Nuova Zelanda è aggiunto a frullati di frutta. In Giappone accompagna spesso il sushi sotto forma di gari, ossia zenzero fresco le cui fettine assumono un intenso colore rosa per la marinatura in aceto e zucchero.
...
Inglese: ginger; Francese: gingembre; Spagnolo: jengibre; Tedesco: ingwer
SPEZIE

In Cina lo zenzero è sia medicina sia ingrediente culinario, in coerenza con il principio della dietetica cinese per cui il cibo è nutrimento e base delle cure preventive. L’uso degli alimenti come medicina si basa sull’osservazione che diversa è la qualità e quantità di energia fornita da ogni cibo. Alcuni danno calore (yang) altri tendono a raffreddare (ying). Lo zenzero sprigiona umori solari capaci di tonificare lo yang per contrastare le fredde ombre dello ying: raffreddamento, tosse, dolori di stomaco, intossicazioni…

Al tempo del viaggio in Oriente di Marco Polo lo zenzero è molto accessibile. Ne Il Milione scrive infatti che nel Katai “per un grosso di Venezia si possono avere tre delle più belle porcellane e si danno, per la stessa moneta, quaranta libbre di zenzero”. E la spezia era generosamente regalata (insieme a uova dipinte, simbolo di fertilità) alla festa del primo mese di vita dei bambini.

Santa Ildegarda nel Medioevo prescrive lo zenzero come rimedio alla peste e per secoli è usato contro il contagio tanto che nel ‘600 a Padova durante un’epidemia si impone agli abitanti di masticare zenzero.

Un tempo le donne arabe usavano lo zenzero, pestato nel mortaio eaddolcito con miele, per nutrire sensi e fantasia dei loro uomini. Le cortigiane cinesi tenevano in bocca fettine di zeznero per avere alito ardente e abbondante salivazione.

Lo zenzero interpretato dagli chef per Roma gourmet


Sandwich di tacchino e scampi con insalata di carote allo zenzero

ricetta chef Fabio Baldassarre

altri Frammenti di un discorso gourmet:

La foto in alto a destra con maiale e fragole è tratta da Adriano Del Fabbro, L’arte della Norcineria


Spezie

aforismi*gourmet

“Quei maledetti pepe, zenzero, cannella, zafferano, chiodi di garofano” tuona il poeta-condottiero tedesco Ulrich von Hutten al tempo della Riforma. Il motivo di tanta avversione risiede nel grande successo riscosso dalle spezie in Europa durante il Medioevo, quando sono loro attribuite qualità terapeutiche, digestive nonchè afrodisiache. Sono inoltre usate per la preparazione di cosmetici e profumi e bruciate come incenso nelle cerimonie religiose.
Adam Smith sostiene che esse sono il motore dei due eventi più importanti nella storia mondiale: i viaggi di Cristoforo Colombo in America e del portoghese Vasco de Gama in India. Le spezie sono commercializzate durante tutto il Medioevo da arabi, veneziani, genovesi, spagnoli,  portoghesi, giustificando poi i viaggi sulle coste dell’Africa finalizzate a ben altre ricerche.
E poichè quando qualcosa è raro e costoso possederlo diventa segno di prestigio sociale e agiatezza economica, anche ostentare spezie diventa una mania. Di qui la denuncia di Ulrich von Hutten che rimpovera lo sperpero di denaro in beni puramente voluttuari che fiaccano la fibra degli individui e l’economia della patria.
La follia delle spezie rimane un costante motore del commercio fino al XVI secolo e il pepe è fra i prodotti più pregiati, arrivando a divenire quasi merce di scambio.  Altre spezie molto apprezzate sono la noce moscata, i chiodi di garofano, lo zafferano e anche cannella, vaniglia…
Quando le spezie divengono disponibili in grandi quantità, l’interesse degli europei inizia a calare. Uno dei motivi è da rintracciare nella nuova tendenza di cucina, nata in Francia (già egemone nel ‘700), volta a rendere più nazionalisti gli usi di cucina.
Nei ricettari francesi del ‘700 e dell’800 le spezie quasi scompaiono; uscite dagli usi dei ricchi, il loro valore diminuisce e un maggior numero di persone vi possono accedere. Diventano vezzo di ostentazione del popolo e dei contadini, che possedendole dimostrano di averle potute acquistare (in Europa infatti il clima difficilmente consente la loro coltivazione).
Oggi le spezie sono tornate in auge grazie a una serie di fattori: l’influenza della cucina asiatica sulla cucina creativa moderna, la globalizzazione, la diffusione della cucina fusion e il loro impiego da parte degli chef più celebri e celebrati.

“La conquista del superfluo provoca un’eccitazione spirituale superiore a quella della conquista del necessario. L’uomo è una creatura del desiderio, non del bisogno.”
Gaston Bachelar
“Le diverse erbe nobili, le polveri e le spezie che derivano da erbe nobili non sono utili all’uomo se non sono consumate secondo un ordine preciso… perciò si devono consumare principalmente con i cibi o dopo aver mangiato, perchè fluidificano i liquidini delle pietanze e aiutano l’uomo a digerire ciò che ha mangiato.”
Hildegard von Bingen
“…non è nella produzione che la società ha trovato il proprio slancio; il grande promotore è il lusso…”
Marcel Mauss

Le spezie interpretate dagli chef per Roma gourmet

Sandwich di tacchino e scampi con insalata allo zenzero
ricetta chef
Fabio Baldassarre


Fagottini di porri con rombo  e “involtino primavera”
al curry verde

ricetta chef
Agata Parisella

I nomi delle spezie
Allspice
Aneto
Anice stellato
Anice verde
Anice pepato
Annatto
Assafetida
Ajowan
Berberè
Cacao
Cajun
Cannella
Cardamomo
Cartamo
Carvi
Chiodi di garofano
Cinque spezie (mix di spezie diffuso nella cucina cinese)
Coriandolo
Cubebe
Cumino
Curcuma
Curry
Dukkah
Fieno greco
Galanga
Ginepro
Gomasio
Liquirizia
Macis
Masala
Noce moscata
Pain d’epices
Papavero
Paprika
Pepe
Peperoncino
Pimento o Pepe garofanato
Radhuni
Rafano
Ras el hanout
Senape
Sesamo
Sommacco
Tahin
Tabasco
Tamarindo

Vaniglia
Wasabi
Worcester
Zafferano
Zathar
Zenzero

altri Frammenti di un discorso gourmet:

La foto in alto a destra con maiale e fragole è tratta da Adriano Del Fabbro, L’arte della Norcineria


Cucina giapponese

Tradizione e filosofia
La cucina giapponese è un’esperienza culturale nella quale si fondono concezione filosofica e religiosa, gusto e sensibilità estetica …continua

L’arte millenaria di sushi e sashimi, cuore e anima della cucina giapponese con cui il cuoco samurai esprime senso artistico e abilità …continua

Gli ingredienti che si possono impiegare per preprare sushi e sashimi sono molti: pesce, riso, verdure, alghe, zenzero, soia, mirin, wasabi, kampyo, miso, uova di pesce volante …continua

L’impiego degli utensili dogu
specifici facilita il lavoro. Sono utili Hanghiri, Uchiwa, Makisu, Saibashi, Oshibako, Shamoji, Chase, Suribachi …continua

Un attrezzo indispensabile alla preparazione dei piatti è il makisu la stuoina di bambù con cui si arrotolano i maki.

Le ricette di base della cucina giapponese: sushi, sashimi, futomaki, nighiri, uramaki, zuppa di miso, gunkan maki, temari, zushi, oshi zushi, temaki, sushi vegetariano, bousushi …continua

Le regole dell’etichetta per usare bene le bacchette e mangiare con disinvoltura sushi e sashimi …continua


La tavola giapponese: armonia e stile caratterizzano apparecchiatura, bacchette, stoviglie in sintonia con le stagioni …continua
La cerimonia del tè è antichissima …continua
Le bevande tradizionali che accompagnano i piatti, dal sakè alla birra al con la sua antica cerimonia, e il vino …continua


Timo

aforismi*gourmet

Fra le molte varietà di timo esistenti, almeno due sono utili per curarsi e per cucinare: il Thymus vulgaris e il Thimus serpillum. La prima varietà cresce in luoghi aridi, ha fusto eretto e fiori bianchi o rosei. La seconda varietà si presenta serpeggiante nella varietà selvatica e per questo Teofraso e Plinio le attribuivano particolari proprietà contro il veleno degli animali e non solo: “per curare il mal di testa lo si fa bollire in aceto e poi lo si applica insieme con olio di rose sulla fronte e sulle tempie […] Quattro dracme in acqua costittuiscono una pozione curativa in caso di colica, di difficoltà urinaria, di angina e di vomito”.
Fra tutte le erbe il timo è quella che mantiene più a lungo il proprio profumo.
Il periodo di raccolta delle foglie di timo e delle cime fiorite va da tutta la primavera a tutta l’estate.
Dal timo si estra un olio essenziale, costituito da timolo e carvacrolo e da terpeni e derivati terpenici, con proprietà antisettiche e antispasmodiche. Oltre a essere presente nelle lozioni per capelli, si usa per la pulizia del corpo e la disnfezione, in soluzioni detergenti saponose.
In Libano il timo, insieme a sommaco e sesamo, e olio d’oliva, costituisce la miscela per la pasta con la quale si prepara il pane chiamato mana’eeshbil-za’tar mangiato a colazione.

Il timo prediletto dalle fate
Si favoleggia che il timo sia amato dalle fate, perciò chi vuole incontrarle dovrebbe preparare un infuso delle sue influorescenze (solo in luoghi aperti e con cautela)
.

Il fiore del timo è fra i più ricercati dalle api, come ricorda Virgilio nell’Eneide:
Così, all’inizio dell’estate, il lavoro
per i campi fioriti affatica le api nel sole,
quando guidano fuori i figli adulti della specie,
o stipano il liquido miele e ricolmano di dolce nettare
le celle, o ricevono il peso dalle venienti, o fatta una schiera
scacciano dalle arnie i fuchi, neghittoso sciame:
ferve l’opera, olezza il fragrante miele di timo

Grazie allo stretto legame con le api operose, la piana di timo ha evocato l’emblema della Diligenza. Nella Cinquecentesca Iconologia di Cattabiani, la Diligenza è raffigurata come una donna di vivace aspetto che tiene nella mano destra un ramo di Timo sul quale vola un’ape e nella sinistra un tronco di Amandola unito con uno di Moro di gelso e ai piedi un gallo ruspante.

altri Frammenti di un discorso gourmet:

La foto in alto a destra con maiale e fragole è tratta da Adriano Del Fabbro, L’arte della Norcineria


Pomodoro

ricette degli Chef

Per gli scienziati il pomodoro è un elisir di giovinezza. Povero di zuccheri e grassi, il pomodoro ha proprietà diuretiche e aperitive. La sua polpa contiene licopene, un carotenoide che svolge un’azione antiossidante. Inoltre il pomodoro facilita la digestione dei cibi che contengono fecole e amidi

Il termine pomodoro viene coniato dal padre della botanica italiana, Pier Andrea Mattioli (1501–1577), che nel trattato Medici Senensis Commentarii introduce la denominazione mala aurea.

Il pomodoro, già coltivato dagli Aztechi, è originario della fascia della cordigliera andina che si estende dal nord del Cile al sud dell’Ecuador e viene scoperto nella  prima metà del Cinquecento dai Conquistadores spagnoli.
Inizialmente il pomodoro viene importato in Europa per uso esclusivamente ornamentale, senza essere riconosciuto come un vegetale commestibile. Era anzi considerato velenoso come la mandragola e la belladonna. Nel Cinquecento e nel Seicento al pomodoro vengono attribuite proprietà afrodisiache ed è perciò fra gli ingredienti di pozioni e filtri magici degli alchimisti. Ecco perchè nelle diverse lingue europee nascono le espressioni: love apple in Inghilterra, Liebesapfel in Germania, pomme d’amour o pomme d’or in Francia e pumu d’amuri in Sicilia. Termini ormai sostituiti da derivazioni dell’originario tòmatl degli indios Aztechi, che indicava genericamente le piante con frutto globoso, polpa succosa e numerosi semi. Bisogna attendere la fine del Settecento per assistere alla coltivazione del pomodoro a scopo alimentare (anche se in Italia  già a metà del Cinquecento c’era chi consumava i pomodori).
Prodotto d’élite per la tavola del re in Francia, nel Meridione d’Italia il pomodoro era l’alimento base della popolazione povera e dei lavoratori.
La prima tecnica di trasformazione in passata di pomodoro risale agli inizi del Settecento e nella seconda età del XVIII si scopre la conservazione in barattoli di vetro degli estratti del vegetale bolliti.
La coltivazione estensiva per uso alimentare è maggiormente diffusa nelle regioni europee più temperate come Italia meridionale, Spagna e Francia meridionale.

Tipico del Lazio è il Pomodoro Spagnoletta del Golfo di Gaeta e di Formia. Questo pomodoro è piccolo, rosso, appiattito e con venature incise profondamente che gli conferiscono la forma caratteristica. Ottimo per realizzare conserve, ha sapore acre e delicato ed è più acquoso rispetto ad altre varietà ma è molto sapido. Il pomodoro spagnoletta è prodotto in quantità minore rispetto al passato quando veniva spesso piantato tra una vite e l’altra, così il contadino faceva manutenzione a entrambe le piante contemporaneamente e raccoglieva i pomodori a maggio senza interferire con la crescita e la cura delle viti . Inoltre,  vista la sua precocità, veniva concimato con la cenere che si ricavava dalla legna arsa per riscaldare le case durante i periodi freddi. Il suo sapore particolare e la sua precocità rendono tuttora il pomodoro Spagnoletta molto apprezzato, soprattutto a Roma dove è chiamato “Casalino”.

Varietà di pomodoro:

  • Pomodoro Cuore di bue
  • Pomodoro giallo di Castelfiorentino
  • Pomodoro Invernale giallo
  • Pomodoro Canestrino
  • Pomodoro Costoluto fiorentino
  • Pomodoro “Borsa del castrato”
  • Pomodoro di Sorrento
  • Pomodoro Belmonte
  • Pomodoro Marmande
  • Pomodoro Tondino
  • Pomodoro San Marzano
  • Pomodoro Giallo del Piennolo
  • Pomodoro di Pachino
  • Pomodoro Rio Fuego
  • Pomodoro Roma
  • Pomodoro Siccagno
  • Pomodoro Rio Grande
  • Pomodoro di Corsara o Corbarino
  • Pomodoro Giallo lungo
  • Pomodoro Vesuviano del Piennolo

Il pomodoro
interpretato dagli Chef
su Roma gourmet:

 

Crema di pomodoro
con ricotta di pecora
e aria di liquirizia

ricetta per celiaci

Chef Angelo Troiani
per il ristorante

Il Convivio Troiani – Roma

 

Variazione di pomodoro:
Mousse di pomodoro
Gazpacho di pomodoro

ricette Chef Agata Parisella
per il ristorante
Agata e Romeo – Roma

 

Paccheri di Gragnano
con Scorfano, basilico
e pomodoro fresco

ricetta Chef Giulio Terrinoni
per il ristorante
Acquolina – Roma

 

Ravioli di pecorino
e trippa alla Romana

ricetta Chef Antonello Colonna
per il ristorante
Open Colonna – Roma

 

Gazpacho di pomodoro
e anguria

ricetta Chef Gualtiero Marchesi
per il ristorante
Hostaria dell’Orso – Roma

 

Rigatoncini con Cernia
pomodoro, melanzane
e ricotta salata

ricetta Chef Massimo Riccioli
per il ristorante
La Rosetta – Roma

 

Amatriciana
ricetta Chef Angelo Troiani
per il ristorante
Il Convivio Troiani – Roma

 

Coda alla Vaccinara
ricetta Chef Elio Mariani
per il ristorante
Checchino 1887 – Roma

 

Bruschetta con aglio
olio e pomodoro

ricetta di Ada Boni
autrice de
Il Talismano della felicità

 

Garofalato di bue
ricetta
Chef Elio Mariani
per il ristorante
Checchino 1887 – Roma

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

altri Frammenti di un discorso gourmet:

La foto in alto a destra con maiale e fragole è tratta da Adriano Del Fabbro, L’arte della Norcineria


Affumicatura

aforismi*gourmet

L’affumicatura è un metodo di conservazione antico e assai usato per pesci e carni, comprese le carni suine.
Consiste nella esposizione degli alimenti al fumo di legno aromatico di varie specie vegetali che variano a seconda delle disponibilità e delle tradizioni locali. Generalmente si usano ginepro, rosmarino, alloro, rovere, castagno, faggio, frassino, quercia. L’esposizione avviene alla temperatura di 80-100 °C per trenta minuti nella affumicatura a caldo e 20-22 °C per cinque o dieci giorni per l’affumicatura a freddo. Più il trattaento è lento e a bassa temperatura e migliore è il risltato finale.
I pezzi di carne e gli insaccati vengono appesi in locali chiusi verticalmente e ben distanziati fra loro.
Il fumo viene generato in un ambiente separato dalla combustione senza fiamma.
La penetrazione del fumo nella carne è favorita dalla salatura.
Il fumo, oltre a esaltare l’aroma degli alimenti, svolge un’importante azione conservante dovuta ai suoi componenti (alla aldeide formica, alla sottrazione di acqua, alla coagulazione delle proteine).
I composti del fumo pericolosi per l’organismo umano (idrocarburi policiclici aromatici IPA) sono presenti in quantità troppo bassa negli alimenti affumicati per essere dannosi. Anche per questo si usano legni bianchi, che hanno bassi contenuti di tannino.

Leggi anche come si effettua la stagionatura.

Quando i porci rrigghiunu,
u tempu chiovi

Quando i maiali giocherellano
è segno che pioverà

 

La cuda du porcu si torci
ma non si rumpi

La coda del maiale si attorciglia
ma non si rompe

Puorc’abbuttu…
arruozzola ‘u scifu

Il porco ingozzato
si rotola nel porcile
(La felicità
dell’attimo fuggente
)

Per chi al maiale preferisce altri sapori, un ottimo petto d’anatra affumicato è quello che si gusta nel ristorante Il Convivio Troiani, affumicato personalmente dallo Chef Angelo Troiani

altri Frammenti di un discorso gourmet:

La foto in alto a destra con maiale e fragole è tratta da Adriano Del Fabbro, L’arte della Norcineria


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L’Arte incontra la Cucina d’autore

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Aforismi gourmand

*Se t’inganno, prego el
cielo de perdere quello
che gh’ho più caro:
l’appetito.
* Arlecchino
servitor di due padroni

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Caravaggio

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