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Ricette degli chef – pesce

Baccalà mantecato su crema di lenticchie
all’olio extravergine d’oliva della Sabina
e crostini

ricetta dello Chef Giulio Terrinoni per il ristorante Acquolina – Roma
dedicata ad “Assaggi di Teatro” per le feste 2008 di “Assaggi di Teatro

[continua]

Un baccalà da acquolina

“L’antidoto più efficace alla paura della fame è il sogno.”
Massimo Montanari, La fame e l’abbondanza

Il sogno della tranquillità e del benessere alimentare, dell’abbondanza e dell’opulenza. Il sogno di un paese di cuccagna dove il cibo sia inesauribile e accessibile, come nella favola francese dove
“di spigole, di salmoni e di aringhe
son fatti i muri di tutte le case;
le capriate sono di storioni,
i tetti di prosciutti
e i correnti di salsicce.
[…] ogni giorno è festa o domenica,
quattro Ognissanti, quattro Natali,
e quattro Candelore per anno…”
Li fabliaus de Coquaigne ispira lo chef Giulio Terrinoni che insieme ad Assaggi di Teatro festeggia la stella che da quest’anno brilla sul ristorante Acquolina e per tutti gli appassionati di pesce imbandisce una tavola delle feste… da sogno gourmand.

Le feste hanno sempre rappresentato riti di reintegrazione: vivi, morti e divinità celebravano la propria unicità ogni anno, di nuovo, attraverso la festa collettiva, il culto e il pasto. Pasto che Acquolina fa precedere da una colorata e saporita tavolozza di amuse gorge sulla quale spiccano gazpacho con polpettina fritta di Rana pescatrice, guazzetto di pomodoro con pesce Bandiera, polenta al nero di Seppia con ricotta, bottarga e un’Alice impanata in crosta di pistacchio e salsa di soia che pare disegnata dall’architetto Frank Ghery.
Le fresche note marine del Vermentino annunciano la parata di pesci crudi dalle carni delicate e insaporite con estro: carpaccio di Ombrina, Triglia con pepe rosa e salvia, gambero rosso al pepe, Scampi al Campari, Spigola e fichi secchi, Pezzonia con capperi, cipolla rossa,  olive taggiasche e sale Maldon. E intanto sulla tavola imbandita a festa arrivano le pizze con pomodoro e alici, i grissini alla salvia e al nero di seppia, il pane con paprika ed erba cipollina, la treccia di latte e olive taggiasche, il cornetto di cacio e pepe. Tanti e diversi, a ricordare che chi condivide il pane con qualcuno diventa suo “compagno”. Il termine deriva infatti dal volgare companio, composto da cum/com (insieme con) e panis (pane) e letteralmente significa dunque “compagno di pane”.

Degni dei raffinati gusti di Lucullo sono poi il Polpo cotto nel barattolo con castagne, pere e fegato grasso accopagnato da fichi e frutta secca la cui dolcezza è prolungata  dai profumi diel vino bianco e la delicatissima frittura di pesce accompagnata dai sorbetti al melone bianco e al peperone.
Alle feste Giulio Terrinoni pensa presentando la variazione di Baccalà, disseminata su un anello di ceramica sfuggito all’orbita di qualche pianeta. Il pesce dei Vichinghi mostra i suoi mille volti: tartara di Baccalà con ricotta di pecora e ananas croccante, bastoncino di Baccalà in crosta di cereali, passatina di cecino rosa di Reggello con Baccalà mantecato e gnocchetti “di Fiuggi” croccanti, Baccalà in umido con la sua trippa, pinoli, uvetta e pomodoro, tortino di Baccalà e patate con anello di cipolla in tempura e bagna caoda moderna, trippa di Baccalà alla romana. Il pesce del Baltico regna sul menu delle feste di Acquolina e Giulio Terrinoni dedica ad Assaggi di Teatro il Baccalà mantecato su crema di lenticchie abbinato a uno Chardonnay di forte mediterraneità che, in perfetto equilibrio tra forza ed eleganza, riesce a fondere i caratteri del mare e della terra presenti anche nel piatto.

La cuccagna ittica prosegue con Rana pescatrice avvolta in melanzana su guazzetto di frutti di mare e crostino con patè di fegato di coda di rospo, ben sgrassata da sorsi saporiti e ricchi di Chardonnay e strozzapreti fatti in casa di poetica complessità grazie a Mazzancolle, guanciale di cinta senese, cecino rosa e aromatiche carezze di Vermentino.

Apoteosi golosa con “aspettando Ciacco”, uno strudel di mele e salsa di zabaione al moscato e con l’arrivo di “Ciacchetto”, ossia cremoso al cioccolato, cannolo di castagna, dolce di mele, ricotta e cioccolato bianco e torta di arancia con quenelle di cioccolato e finocchio. Sapori intensi ma delicati, da prolungare con i sorsi dolci e appaganti di un passito, generoso di dorate profondità e aromaticità di zafferano.
Il mondo della fame, da cui nasce il medievale mito della cuccagna è decisamente anche un mondo dell’abbondanza e dell’ostentazione che vive, in occasione delle festività, momenti di prodigalità del cibo con valenza rituale e propiziatoria. I piatti ideati da Acquolina ribadiscono, con la loro ricchezza e varietà, che alla tavola delle feste tutti si percepiscono come una grande comunità e, partecipando al rito, si assicurano aiuto reciproco e solidarietà.
Maria Luisa Basile


Assaggi di… Baccalà
Giulio Terrinoni dedica ad Assaggi di Teatro il Baccalà mantecato


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta del Baccalà mantecato dello Chef Giulio Terrinoni con il vino in abbinamento

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Assaggi di Teatro 2008-2009 è un incontro di gusto fra Roma gourmet, ETI Ente Teatrale Italiano, Assessorato alle Politiche della Cultura e della Comunicazione del Comune di Roma
in collaborazione con Arsial

per i Teatri Valle e Quirino

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Il fascino discreto dello Scorfano e Sciascia

Il mefistofelico Don Gaetano nato dalla penna di Leonardo Sciascia biasima, in una pagina di Todo modo, “coloro che non si curano di ciò che mangiano” e definisce eroe, paragonandolo a Catone, il cuoco e maestro di cerimonie francese Francois Vatel: suicidi entrambi, il primo “per la libertà che se ne andava” e il secondo “per il pesce che non arrivava”.
Il pesce di Vatel in realtà arrivò, anche se con fatale ritardo, e per Assaggi di Teatro Massimo Riccioli lo rende protagonista di un’intensa interpretazione dell’opera del suo conterraneo, messa in scena da Fabrizio Catalano Sciascia e Maurizio Marchetti. In una giornata molto speciale al ristorante La Rosetta forme, sapori, colori e profumi marini si inseguono e corteggiano, intrecciandosi in un saporitissimo labirinto dove gli ospiti dell’eremo di Zafer si perderebbero volentieri.

La mano vaga indecisa ma piena di desiderio sulle crude delizie della imponente piramide di ostriche, faraonico omaggio al palato raffinato del moderno Lucullo e che, per essere un “cibo del tutto insoddisfacente per il lavoratore”, ma “perfetto per il sedentario, come cena prima di una bella dormita” (A.J. Bellows), più che alla penichella invitano i sensi dei partecipanti al ritiro spirituale ad accendersi. E li preparano al pesce che i gourmand  immediatamente associano alla Sicilia: il tonno, qui appena scottato ma decisamente caduto in amore per un’oca, anzi per il suo fegato grasso. Gli fanno compagnia un’insalata di tenere puntarelle romane irrorate di aceto di Marsala e le eleganti sensazioni di glicine e prugna gialla del vino bianco delicato nella leggera speziatura di pepe bianco, frutta secca e agrumi.

La Sommelier Francesca Tradardi stappa poi un vino la cui sapidità si stempera nella dolcezza della girandola di gamberi rossi croccanti, portati in tavola con misticanza di campo in salsa di limone; un piatto ricco e complesso, dove la frittura è leggera e perfettamente sgrassata dalla fragranza del Vermentino con i suoi delicati profumi floreali di erbe spontanee di campo e salvia.
Massimo Riccioli in persona porta poi in tavola lo spettacolare Astice blu servito intero teneramente abbracciato alle linguine e incastonato fra pomodori datterini di Terracina. La forchetta si muove come l’aspersorio del prete todo modiano su questo piatto ricco e potente che esige la struttura e i profumi solari dello Chardonnay. I riflessi d’oro e le carezze morbide e vitali del vino si concedono anche allo Scorfano grigliato ai quattro sali con insalata di carciofo romano piatto dedicato da Massimo Riccioli ad Assaggi di Teatro.

Il ritiro spiritual-culinario a La Rosetta si chiude con Bavarese di arance e Sacher al mandarino con il suo sorbetto, alla quale il vino porta, come un canto di sirene, i ricordi della macchia mediterranea, con profumi di frutta secca e candita e piacevole finale ammandorlato.

La mano davvero felice dello chef, il calibrato gioco di armonie e contrasti, le cotture attente, sono frammenti di uno specchio che riflette la tecnica perfetta di Massimo Riccioli e ricordano una delle battute di Don Gaetano: “il cuoco…  un uomo intelligente, e si vede da come cucina”. Virtù non scontata in tempi di schiume e virtuosismi culinari da piccolo chimico e forse “Todo modo per buscàr la voluntad divina”, come diceva Ignazio di Loyola. Lo spirito soffia dove vuole e il prodigio, come sempre, è nell’uomo.
Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro
si ispira a Todo modo, uno spettacolo di Fabrizio Catalano tratto dal romanzo di Leonardo Sciascia


Assaggi di… Scorfano
Lo Chef Massimo Riccioli dedica a Todo modo lo Scorfano grigliato ai quattro sali con insalata di carciofo romano


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta dello Scorfano grigliato ai quattro sali con insalata di carciofo romano dello Chef Massimo Riccioli

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Ricette degli chef – pesce

Scorfano grigliato ai 4 sali con insalata di carciofo romano

ricetta dello Chef Massimo Riccioli per il ristorante La Rosetta – Roma
dedicata allo spettacolo Todo modo di Leonardo Sciascia per “Assaggi di Teatro

[continua]

Grasso era bello, parola di Rubens

“Se fossi re, non berrei che del grasso.”
Frase pronunciata da un contadino francese in un testo del Seicento

La battuta svela quanto l’alimentazione povera del passato fosse carente di grasso, essendo burro, olio e lardo costosissimi e incessabili a molti.
Tutto quello che colava grasso era pertanto buono e grasso era bello. Ciò spiega le fattezze giunoniche delle signore e signorine dipinte da Paolo Rubens e Rembrandt e volteggianti sui soffitti affrescati dei palazzi italiani del Rinascimento, paffute e floride quanto angioletti e cupidi. La paura della fame e della carestia erano esorcizzate anche così. Oggi le cose sono cambiate. Scomparsa l’invidia del grasso, l’alimentazione sana e la magrezza sono le nostre virtù e il pericolo dell’eccesso ha sostituito la paura della fame. Ciò rappresenta un fatto positivo. Purché non diventi motivo di rinuncia al gusto, nella sua varietà e complessità.

Tra i falsi miti della società consumistica messa alla berlina dallo spettacolo Magic People Show c’è quello della magrezza esasperata, ma anche la troppa delicatezza del cibo e le privazioni possono essere un peccato di gola se mirate solo a inseguire modelli estetici irraggiungibili. La stessa parola “dieta”, inventata dai greci per designare il regime quotidiano di alimentazione e di vita che ciascun individuo deve costruire sulle proprie esigenze, ha assunto oggi una connotazione negativa e indica la limitazione del cibo. È diventata cioè una scelta abbracciata non come condivisione di valori, ma per motivazioni puramente estetiche.
Fra parsimonia e sperperi, privazioni e follie, eccessi e timori di nuove povertà, c’è un posto a Roma dove il cibo che fa bene è perfettamente inserito in un menu ben bilanciato fra piatti saporiti e leggeri e il senso di colpa è combattuto a colpi di apporto calorico. Siamo al Baby, il ristorante dove  tutto è misura: ci si accosta al cibo con piacere ma senza voracità e i piatti sono offerti con generosità ma senza ostentazione. Alfonso, Livia ed Ernesto Iaccarino hanno accolto l’invito di Assaggi di Teatro a interpretare in cucina lo spettacolo Magic People Show per combattere con le loro potenti e gustose armi ogni qualunquismo gastronomico e far scoprire l’irresistibile leggerezza del gusto. Dove sta scritto che il cibo saporito è incompatibile col benessere fisico? Misura, impiego di prodotti biologici e di qualità, condimenti leggeri sono la cifra di un’esperienza da gourmand che inizia con filetti di tonno appena scottati adagiati su insalatine e funghi finferli da irrorare con un buon olio extravergine d’oliva.

Anche la ricciola cruda affumicata alla cannella accompagnata da cubetti di arancia tarocco e patate viola con le quali fare scarpetta nello yogurt con erba cipollina è un trionfo di leggerezza e un invitante richiamo, insieme alle note muschiate e minerali del Vermentino, al contatto con il mare e con i suoi frutti. Ed è un mare di colori e sapori il Mediterraneo piatto dedicato dalla famiglia Alfonso, Livia ed Ernesto Iaccarino  ad Assaggi di Teatro. Abbinato a un vino bianco che con il colore giallo ambrato intenso e il superbo bouquet di miele, nocciola e stuzzicante croccantino rende ancor più vivaci al palato i canditi e il pistacchio del dolce Mediterraneo.

Una variazione di porcini rivela le tante sfumature dei sapidi funghi che, come attori consumati, sanno offrire volti e sapori sempre diversi: crudi, conditi con citronette e olio, in millefoglie, alternati a strati di patate sottili e croccanti o ancora fritti, deposti su una virgola di salsa al prezzemolo e adatti al corpo leggero ma di buona persistenza del vino.
Sotto la cloche d’argento fa il suo ingresso la Pasta. I ravioli di acqua e farina con caciotta fresca e strepitosi pomodorini vesuviani sono un piatto tutto rotondo, morbido, vellutato, mentre gli ormai celebri Paccheri di Gragnano con Cacio, pepe e Scorfano [ricetta] offrono sapori più vigorosi. Si torna alla delicatezza di sapori con il dentice scottato in padella e finito di cuocere sotto vuoto, che insieme alle scorzette di limone candito, le crocchette di zucca e i friggitelli (cime di rapa) compone sul piatto un’esile figura come di pellegrino dalle vesti colorate in viaggio verso Compostela. Sembra di essere a teatro! E il sipario si apre su un vino da uve Chardonnay e Malvasia che con le morbide note floreali e i sentori di mandorla e noci accarezza il palato  e si specchia nei profumi del piccolo dessert di latte di mandorla e liquirizia in una esaltazione ricambiata.

Corallina: «Sì, caro Frangiotto, governatevi bene; nutritevi bene; se avete ad esser mio, vi voglio bello, grasso e robusto»
Frangiotto: «Tocca a voi pensarci»
Corallina: «A me tocca?»
Frangiotto: «Sì, a voi. Se ho da essere cosa vostra, tocca a voi ingrassarmi»
Carlo Goldoni

E mentre i ricordi del dolce di arancia e ricotta si stemperano nel caffè e nelle piccole golosità friabili, l’occhio cade su un’installazione video del ristorante e su un fotogramma di ombre cinesi  che sfuma nel volo di un uccello, a ricordare che è ancora e sempre il teatro a giocare col cibo e… ad assaggiarlo.
Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro

si ispira a Magic People Show, uno spettacolo di Giuseppe Montesano


Assaggi di… Mediterraneo
La famiglia di Alfonso Iaccarino dedica a Magic People Show il Mediterraneo di arancia, ricotta e pistacchio


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta del Mediterraneo di arancia, ricotta e pistacchio degli Chef Alfonso ed Ernesto Iaccarino

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Assaggi di Teatro 2008-2009 è un incontro di gusto fra Roma gourmet, ETI Ente Teatrale Italiano, Assessorato alle Politiche della Cultura e della Comunicazione del Comune di Roma
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Ricette degli chef – pesce

Ravioli di sola Seppia in profumato fumetto di pesce e ricci di mare crudi

ricetta dello Chef Anthony Genovese per il ristorante Il Pagliaccio – Roma
dedicata all’Otello di William Shakespeare per “Assaggi di Teatro

[continua]

Se Desdemona avesse cucinato

“Cercate di riannodare nel modo migliore
I vostri legami spezzati. È sempre meglio
Avere un’arma spezzata che restare a mani vuote.”
Otello, I, III

Il Trattato di culinaria per donne tristi di Héctor Abad Faciolince invita a “eccitare i sensi, tutti i sensi” che una volta risvegliati sono utili “a farli partecipare al rito dell’abbraccio”. Se Otello avesse accolto la preghiera di Desdemona “uccidetemi domani, lasciatemi vivere ancora questa notte” e lei avesse usato quelle ore per cucinare, sarebbe riuscita a ridestare la tenerezza dello sposo e a salvarsi? Ecco il quesito posto da Assaggi di Teatro ad Anthony Genovese e Marion Lichtle de Il Pagliaccio. La risposta è in un percorso di degustazione volto a risvegliare i sensi dell’Otello impersonato da Sebastiano Lo Monaco con piatti pensati da Desdemona, vissuta da fanciulla nella città lagunare fra saline, pescato, spezie preziose giunte al porto, ma anche vigna e orto, colture adatte alla terra salsa.

Nella città dei Dogi da cui Desdemona proviene la questione della tavola è talmente importante da travalicare l’atto del mangiare per divenire una manifestazione di prestigio inscenata per impressionare l’ospite. Il banchetto è pertanto scenografia, coreografia, finzione. È spettacolo. Un’arte raffinata che la nobile veneziana certamente conosce e nella quale confluiscono cibi e vini ricercati, preparazione della tavola, servizio e intrattenimento, per appagare allo stesso tempo occhio e palato.
Riprendiamo l’invito del Trattato di culinaria a risvegliare tutti i sensi, a partire dalla vista “con parti strategiche nascoste e scoperte del tuo corpo, con una combinazione armoniosa di colori nel piatto”. Ecco che la tavola di Otello e Desdemona scompare sotto un mare di tessuti e tappeti turcheschi provenienti dall’Oriente a loro volta ricoperti da tovaglie in lino operato con piccoli disegni a spina di pesce o a occhio di pernice che al Pagliaccio divengono sinuose linee ricamate tono su tono sulle quali l’occhio si perde come in un labirinto.
Il primo piatto è un appetizer  che richiama nei colori e nelle consistenze i tratti dei due protagonisti shakespeariani: la burrata, lattea e vellutata con gocce ambrate che paiono efelidi, fa da sfondo al fegato bruno, audace ed elastico, sormontato da erbe gentili che paiono provenire dagli orti della pianura liquida. “Per il tatto lascia che la pelle sfiori la pelle e le dita separino la crosta dal pane” pensa la veneziana mentre, adornato il petto di pietre preziose, offre a Otello le turgide cappesante cucinate alla piastra e posate su rotelle e cidro di mele, cosparse di briciole di pane speziato e noci e pois di barbabietola rossa.

A rendere perfetto il rito conviviale che deve salvare Desdemona arriva il coppiere che come vino più adatto ai sapori delicati ma decisi dei sensualissimi cannelloni croccanti ripieni di polpa di granchio con crema di broccolo romano ed esotico zenzero sceglie un vino dalla personalità ben definita. Gli aromi di agrumi dello Chardonnay conducono al felice approdo dei polposi Ravioli di sola Seppia in profumato fumetto di pesce e ricci di mare crudi piatto dedicato da Anthony Genovese ad Assaggi di Teatro. Nei due ravioli si fondono i caratteri peculiari dei due sposi: la sfoglia, eterea e trasparente, simboleggia l’innocenza e la sincerità di Desdemona, mentre il deciso sapore di mare della seppia tinta del suo inchiostro ben rappresenta la forza e il vigore di Otello. Le scorze di cedro e i ricci di mare crudi che ne decorano le rotondità congiurano a esaltare l’olfatto, preparando “il naso con piacevoli odori di cibo che annunciano i gustosi profumi della carne” ed evocando i sapori dell’Oriente e quelli lagunari, richiamati anche dai cannolicchi di mare (al lardo) compagni del San Pietro cotto nelle foglie d’alloro servito su crema di ceci “Oh, fiore selvatico, così amabilmente bello, così soavemente profumato, che tormenti i sensi!” Otello, IV, II

E mentre il piccione incontra l’Oriente e il Mediterraneo legandosi a spaghetti di soba, salsa alle fave di tonka e cacao e immergendosi nelle odorose profondità del vino, Marion suggella la salvezza di Desdemona in un dolce della tradizione che sintetizza con i suoi ingredienti tutti i sentimenti e le passioni del dramma shakespeariano. La Finanziera all’ananas (frutto aspro come la gelosia di Otello: “Il mio linguaggio è aspro; io non conosco le molli parole della pace” Otello, I, III) e zafferano, gelato di panna (dolce come il carattere mite ma appassionato di Desdemona: “Una ragazza timida, così quieta e tranquilla che arrossiva perfino di se stessa” Otello) e rhum (l’alcol che rappresenta la furbizia di Jago e il suo tranello: “potrei soffiare nell’orecchio di Otello che Cassio ha troppa confidenza con sua moglie… il Moro è franco e leale e giudica onesti tutti gli uomini… si lascerà senz’altro menare per il naso come un asino” Otello), preceduta dal sorbetto al limone con polvere di cannella e seguita da una gelatina al tè verde con zenzero e da paffuta pasticceria che scongiura la malignità di Iago: “il cibo ora dolce come le carrube, gli sarà tra poco amaro come l’assenzio” (Otello, I, III).

Ecco che proprio quando la liturgia laica del convivio si sublima nel gesto di chi versa generoso il vino nei calici di tutti i presenti al banchetto, abbagliati dai riflessi dorati come miele moltiplicati dalle pietre preziose che adornano il collo di Desdemona, Otello si slaccia il farsetto e posa sul proprio petto la mano della sposa: “non so esprimere come vorrei la mia felicità: mi fa nodo alla gola, è troppo forte per me. E questo sia il più grande disaccordo che possa nascere dai nostri cuori!” (Otello, II, I). L’ira è placata, stemperata nell’arte del banchettare, nei piatti spettacolari e nei vini pregiati (che divengono strumenti di armonia, dopo l’utilizzo “improprio” da parte di Iago che usa il vino per esasperare gli animi: “se riesco a fargli andar giù un altro bicchiere, diventerà ringhioso e aggressivo come un cane” Otello II, III) sbrogliata nel teatro perpetuo e nella sacralità dei gesti che a tavola si compiono e nel nodo di finzione e verità nei calici dissolto.
Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro

si ispira a Otello, uno spettacolo di Roberto Guicciardini tratto dalla tragedia di W. Shakespeare e interpretato da Sebastiano Lo Monaco


Assaggi di… Seppia
Lo Chef Anthony Genovese dedica a Otello i Ravioli di sola Seppia in profumato fumetto di pesce e ricci di mare crudi


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta dei Ravioli di sola Seppia in profumato fumetto di pesce e ricci di mare crudi dello Chef Anthony Genovese

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le pietre preziose fotografate e il gioiello indossato dalla sig.a Basile
durante la performance dedicata all’Otello sono di
Babayaga

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Il Vesuvio a Roma

“Quanno sponta la luna a Marechiaro pure li pisce ‘nce fanno l’ammore, se revotano ll’onne de lu mare, ‘pe la priezza cagnano culore, quanno sponta la luna a Marechiaro” [Marechiaro]

La canzone napoletana celebra la vitalità e la gioia di vivere del popolo napoletano, evoca una Napoli che incanta, che fa innamorare ’e furastiere di ogni epoca, una Napoli popolata di santi e furbi, di scugnizzi e di innamorati. Napoli incarna la vita nella sua varietà e nelle sue tante gradazioni e passioni, dal santo all’uomo qualunque. Una realtà sfaccettata ben rappresentata dalla posteggia che con le sue serenate esalta ‘o core ‘a passione ‘o sentimento ‘e Napule. E subito si affacciano alla mente i nomi di Carosone, De Curtis, Murolo, Tosti, Capurro e Di Capua, Taranto, Cantalamessa, Cinquegrana… E ai gourmet viene in mente la famiglia Iaccarino, che di un’altra tradizione campana è magistrale interprete: quella gastronomica.

Alfonso, Ernesto e Livia Iaccarino aprono a Roma una finestra sulla Campania ideando per Assaggi di Teatro un percorso gourmet intenso e ricco di emozioni ed evocazioni allo spettacolo Lillipupa interpretato da Angela Pagano.
Che bella cosa na jurnata ‘e sole,
N’aria serena doppo a na tempesta!
Pe’ ll’aria fresca pare giá na festa,
Che bella cosa na jurnata ‘e sole! [O’ sole mio]

Si comincia con i penetranti profumi dell’arancia che insieme alla sgargiante patata viola e alla ricciola affumicata crea un disegno come di scogli stagliati sulla trasparenza del piatto spolverato di cannella.
Ah, vocca rossa comm’a nu granato!
Chi ‘o ssape ‘o tiempo antico si è fernuto?
Chello ch’è certo è ch’io stó’ frasturnato,
e ‘o sapore d”o ppane aggio perduto! [Lariulà]

Pare di vedere i colori di un quadro simbolista di Moreau dedicato ai miti greci quando in tavola arriva la zeppola di astice. Atollo dorato e sensuale, sormontato da croccanti verdurine multicolori, circondato da una spirale di salsa agrodolce, in stuzzicante equilibrio fra dolce e salato e con il quale le note agrumate e morbide dello Chardonnay improvvisano un riuscito concerto di freschezza, sapidità e armonia. Il nettare degli Dei alza il sipario sugli antipasti senza prevaricarne i sapori, come l’arpa di Orfeo conduce Euridice.

Basta ca ce sta ‘o sole, / ca c’č rimasto ‘o mare, / na nénna a core a core, / na canzone pe’ cantá… / Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto… / chi ha dato, ha dato, ha dato… / scurdámmoce ‘o ppassato, / simmo ‘e Napule paisá!… [Simmo ‘e Napule paisá!]
Uno dei maggiori estimatori dell’esuberanza e della cultura partenopea fu Giacomo Leopardi che proprio nel Parco Virgiliano è sepolto. Leopardi è affascinato dal rumore, dall’irruenza e dall’energia napoletana, passeggia nei quartieri popolari, si confonde tra la folla, gioca al lotto, ascolta le grida degli ambulanti, ammira pizzaioli e pasticcieri che sfornano pizze e sfogliatelle calde. È dalle sue finestre gode di un panorama che va da Posillipo al Vesuvio di cui può osservare “ogni giorno il fumo ed ogni notte la lava ardente”.
Il vulcano è la fonte di ispirazione di un piatto emblema della famiglia Iaccarino, il celebre – e mai proposto prima a Roma – Vesuvio di rigatoni piatto dedicato da Alfonso, Ernesto e Livia Iaccarino ad Assaggi di Teatro. Carismatico vessillo della cucina italiana nel mondo e sintesi perfetta dei migliori prodotti della penisola, il timballo attinge al patrimonio gastronomico e culturale popolare e lo attualizza legandolo ai valori della qualità dei prodotti e al riutilizzo senza spreco. Come mostra la ricetta, la pasta è cotta in modo da mantenere le proprie caratteristiche ma anche arrendersi ai succulenti ingredienti: dall’impetuoso cuore lavico di polpette di carne di maiale e uovo sodo, alla prorompente colata di salsa di pomodoro, mozzarella e basilico. Una successione armoniosa di domestiche saporosità, sostenuta dall’intenso bouquet e dal sapore di ciliegia del vino rosso.

“Si’ na ‘nfá’…si’ na ‘nfá’…si’ na ‘nfama…
Te n’abù’…te n’abù’…te n’abuse…
te n’abuse ca Ciccio Formaggio,
nun tene ‘o curaggio
nemmeno ‘e parlá!” [Ciccio Formaggio]

Si resta nell’area mitologica della caccia al cinghiale calidonio da parte degli Argonauti che  avrebbero certo apprezzato il roseo lombo dell’irsuto quadrupede servito con fondo di mirtilli e salsiccia punteggiata invece che dal grasso da gocce di mozzarella di bufala. E poi ancora funghi finferli e una purea di castagne che le note mentolate del vino rosso, “per nulla austero, di fresca beva e ben amalgamato nel tenore alcolico” – commenta il Sommelier Alessandro Porreca – trasformano in carezze al palato.

“Sta bella schiocca / de rose scicche / Furture’ / ca tiene ‘mmocca / chisa’a chi attocca / Furture’ / che dice, che ffaie, / che pienze, m’ ‘a daie / Furture’ ? / io mo moro mo moro mo moro / mo moro mo moro mo moro / mo moro mo moro / pe tte e e e / uh! comm’e’ bbello a ffa’ / ammore cu’ tte / ah ah ah ah / uh! quanta vote / te voglio vasa’” [Furturella]
Il finale è una giocosa riproduzione nel piatto delle sensazioni e percezioni che la sensibilità degli Iaccarino sa comunicare con la propria cucina: un Impressionismo di crema e zabaione al caffè servito in un bicchiere di biscotto dal quale fanno capolino spiritosi cucchiaini di uguale consistenza. Gli fa l’occhiolino il passito che, senza rinunciare alla propria eleganza, volentieri cede all’idea di sciogliere la friabilità dei biscotti e impregnarli con aromi di miele e chiodi di garofano.
Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro

si ispira a Lillipupa , uno spettacolo di Nicola Fano per la regia di Antonio Calenda ed è interpretato da Angela Pagano


Assaggi di… rigatoni
La famiglia Alfonso, Ernesto e Livia Iaccarino dedica a Lillipupa il Vulcano di rigatoni


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta del Vulcano di rigatoni dello Chef Alfonso Iaccarino

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Finalmente domenica

“Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni, di tutti i paesi e di tutti i giorni” scrive Anthelme Brillat-Savarin nelle sue meditazioni di gastronomia raccolte nella Fisiologia del gusto. L’aforisma gourmet ben si attaglia ai riti conviviali della famiglia che intorno alla mensa stringe i legami e li rinnova, soprattutto nel rito del pranzo della domenica, un giorno più speciale degli altri. Perché mangiare alla stessa tavola è simbolo dell’unità di una famiglia.

Ogni popolo associa determinati cibi a feste familiari come compleanno, iniziazione e matrimonio. Mangiare il cibo è il gesto simbolo della comunione (si può sussistere insieme solo se si condivide, tanto che nelle società tradizionali era sconveniente mangiare o bere da soli in presenza di altri), del dare e del ricevere e del dialogo. È lo strumento da sempre usato per riannodare i fili spezzati da lontananza, difficoltà, segreti e per riavvolgere il filo della memoria, dipanato dall’attrice Marina Malfatti nell’opera Và dove ti porta il cuore di Emanuela Giordano tratta dal romanzo di Susanna Tamaro. Condividere unisce, perchè conferma e rafforza i vincoli familiari E se le festività rappresentano da sempre un momento molto alto dell’arte culinaria tradizionale, questo è particolarmente vero per un locale storico di Roma come La Rosetta che la domenica propone un menu specchio della propria storia e dei piatti marinari che tradizionalmente si offrono la domenica. Ecco che allora dopo un gazpacho di pomodoro e zucca con uova di riccio e sedano concassé di benvenuto, arrivano in tavola i riflessi argentei di un classico della cucina marinara, le stuzzicanti alicette pescate nel Mediterraneo, il mare che la nostra cultura identifica con il viaggio rischioso di Ulisse.

Le alici, in passato piatto povero e popolare, diventano una prelibatezza grazie alla mano felice e leggera dello Chef Massimo Riccioli che le serve marinate su crostini insaporiti con i capperi di Serraghia da tuffare nelle fresche profondità del vino bianco che con i suoi profumi di mallo di mandorla regge bene la marinata di aceto e peperoncino fresco delle alicette fresche appena pescate. Le note croccanti della fragrante fritturina di paranza di Anzio accompagnata dal succo di pomodori tardivi intrecciano sul piatto un girotondo di profumi e sapori che inebria, esaltati dal vino che regge perfettamente il gazpacho e accompagna bene il pesce cotto velocemente e fritto, sgrassandolo. Dopo il sorbetto al sedano le papille sono pronte all’esplosione di sapori degli spaghetti con scampi, fiori di zucca e pecorino romano e le vertigini raggiungono il culmine con le triglie alla salvia con broccolo romanesco piatto dedicato da Massimo Riccioli ad Assaggi di Teatro – cullate dalle note persistenti dello Chardonnay.

E dopo aver meditato la ricetta delle Triglie con i crostini di fegatini di triglia (raccomandandosi al pescivendolo affinché non li getti via come scarti), è tempo di godere le uve del vino passito dal profumo di albicocca mai troppo matura portato nel bacino del Mediterraneo dai Greci, ideale per il brindisi finale insieme al festoso tortino di ricotta e visciole di fattura e sapore delicati. Un influsso addolcente e un augurio di buon auspicio sulle nuove fasi della vita a ricordare il monito di Susanna Tamaro a non “credere che la vita sia immutabile, che una volta preso un binario lo si debba percorrere fino in fondo”. Perché il destino “ha molta più fantasia di noi”.
Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro
si ispira a Và dove ti porta il cuore, uno spettacolo di Emanuela Giordano tratto dal romanzo di Susanna Tamaro


Assaggi di… triglia
Lo Chef Massimo Riccioli dedica per Assaggi di Teatro a Và dove ti porta il cuore le Triglie alla salvia con tortino di broccolo romanesco


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta delle Triglie alla salvia con tortino di broccolo romanesco e crostini con fegato di triglia dello Chef Massimo Riccioli

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