“Tennesse è un bambino con una purezza da bambino e una bontà sovrumana…” disse la Magnani di Tennessee Williams che ricambiava con generosità la stima per l’attrice alla quale aveva dedicato La rosa tatuata. La Magnani vinse l’Oscar come miglior attrice (prima italiana a ricevere la statuetta) interpretando il personaggio della vedova emigrata in America dalla Sicilia, regione d’origine di Massimo Riccioli, lo chef, o per meglio dire il Monsù, come era chiamato il cuoco nelle famiglie aristocratiche del sud, de La Rosetta.
“L’appellativo era una deformazione del monsieur francese, e tali erano considerati i cuochi sotto il regno dei Borboni, poichè la cucina francese era apprezzata e ammirata” scrive R. Pucci di Benisichi in Scusate la polvere. Per Assaggi di Teatro il Monsù Massimo Riccioli attinge alle molte suggestioni e immagini che compongono la cultura siciliana dalla quale anche la ricca tradizione gastronomica scaturisce.
Icona dell’isola è certamente l’Etna che al ristorante La Rosetta viene riprodotto sotto forma di vulcanico piatto di spaghetti conditi con mollica di pane, scorfano di fondale (chiamato cipolla dagli isolani) e bastoncini di patate fritte. Il piatto è travolgente. Una vera esplosione di sensazioni, una gioia per gli occhi e per il palato, con quell’opulenza di sapori barocchi giocati sull’alternarsi di diverse consistenze, dal morbido del pur tenace spaghetto, all’arrendevole polpa di pesce, al croccante delle cheaps e su tutto una pioggia di ebbri lapilli di Chardonnay.
Una delle ricette simbolo della Sicilia è la Caponata: un piatto antico, figlio di epoche in cui cucinare esigeva tempo, calma, spazio. “La caponata fa immaginare i lunghi pomeriggi delle estati assolate, durante i quali qualcuno, nelle cucine fresche e in penombra, pazientemente friggeva, tagliava, puliva, sgusciava, rimestava, guarniva” (Elena Carcano, Il banchetto del Gattopardo, a tavola con l’aristocrazia siciliana). I Gamberi con caponatina al succo di arance di Sicilia e profumo di mentuccia romana sono il piatto dedicato da Massimo Riccioli ad Assaggi di Teatro in carta a La Rosetta dal 19 al 31 maggio. Un felice incontro fra ortaggi di stagione appena raccolti nell’orto e il frutto siculo per eccellenza, l’arancia rossa Tarocco, sanguigna e con una languida dolcezza agrumata amplificata da un Vermentino fresco e minerale che, come gli ingredienti del piatto, matura sulle rive del Mediterraneo.
Non manca poi un tuffo nei libri di storia con un’evocazione al celebre Sbarco dei Mille a Marsala guidato da Giuseppe Garibaldi ironica e stuzzicante. La feluca del condottiero, le imbarcazioni che solcano le onde e i colori verde bianco e rosso della patria si fondono nel Palombo con pomodorini e basilico. L’etereo palombo (che in Sicilia è chiamato pisci cani o mastini), dalle carni sode appena scottate in padella, diventa saporitissimo abbinato ai succosi pomodorini e sembra davvero un’imbarcazione che non solca però le onde salate del mare, ma quelle vinose di un vino rosso profumato, dal piacevole sapore di frutta polposa e matura, un concerto di ciliegie e amarene stillate direttamente nel bicchiere.
La sontuosa Cassata, regina dei dolci di Sicilia, è, insieme al gelato di pistacchi di Bronte, l’atto conclusivo dello chef per Assaggi di Teatro 2008-2009. Persino Giuseppe Tomasi di Lampedusa la ricorda come prelibatezza del menu del gite, dove arrivava dopo timballi di maccheroni, spinole fredde alla maionese e valanghe di patate: “C’era da rimanere secchi dalla congestione” scrive ne I luoghi della mia prima infanzia, ma ecco che a rimettere tutto a posto arrivava “una di quelle torte gelate nella confezione delle quali Marsala, il cuoco, era maestro”. E il Monsù del Pantheon non è da meno.
Maria Luisa Basile
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