Le parole possono solo rappresentare le creazioni di Heinz Beck. Rimandano alla materia, al gesto, al colore, ai profumi, alla terrazza de La Pergola quasi come al corpo stesso dello Chef e come al luogo di rappresentazione delle emozioni.
Ma l’arte culinaria è l’emozione e non ha più bisogno di parole. La cucina è immaginazione, sogno, quiete di un tonno crudo su amaranto e carciofi liofilizzati. E si fa pietanza, superficie, volume nel guizzo improvviso di un cilindro di scampi con polvere di olio d’oliva.
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La materia prima muta consistenza, diventa metamorfosi, energia condensata che si fonde, si amalgama, si salda in forme e tracce dai confini indefiniti nei fagottelli di Carbonara, il piatto della memoria e del cuore.
Si offre alla percezione e all’emotività di chi assapora la caponata di triglia e guarda la nascita dei bon bon di menta e miele creati nella magica coppa dell’azoto liquido, sconsacrato Graal contemporaneo.
Piatto disegnato e segnato il Raviolo di rombo con gamberi rossi e zuppa di lenticchie. Piatto levigato il ventaglio di medaglioni di Astice e fegato grasso d’anatra con aria di lime e germogli di piselli capace di dare consistenza alle emozioni, per suscitarne di nuove.
Passaggi di stato. Divenire altro. Tensione che si trasforma in potenzialità. Veicolo di emozioni. I battiti del cuore aumentano con i caldi sapori di un Filetto di vitello marinato allo yogurt, rosea torre su purè di pesche e salsa mou, per poi rallentare con i profumi paradisiaci dei formaggi, monumenti a Creso, oro venato di verde e di blu.
Fino a quando lo sguardo di chi aspetta, osserva e sceglie riesce infine a risolvere l’enigma dello scrigno delle golosità, aprendo cassettini in cerca di forme, significati e desideri nuovi per reinventare, riconquistare, modificare, fare definitivamente proprio il territorio di esistenza dello Chef.
© Maria Luisa Basile – riproduzione vietata
Del clamoroso ingresso di Ferrante d'Avalos, marchese di Pescara e generale di Carlo V, nel palazzo napoletano dove si celebrava, intorno al 1520, un fastoso matrimonio:
Gli altri invitati erano lì a sfoggiare i loro abiti appariscenti e ricchi (d'oro soprattutto); lui vi arrivò, in ritardo, sobrio e elegantissimo, tutto vestito di nero. Diventò immediatamente il centro dell'attenzione: conquistata non attraverso l'eccesso e l'ostentazione bensì lo stile, che è una forma il cui valore estetico si confonde con quello etico.
Amedeo Quondam, Tutti i colori del nero |