Non si sa se Pasquino in persona abbia contribuito a diffondere la voce, ma il passaparola ha reso questa ormai storica enoteca sempre affollatissima. Tanto che per conquistare un tavolo bisogna prendere il numerino come dal salumaio.
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Il prosciutto, Paul Gaugin
Per capire il significato dell’insegna è sufficiente far capolino nella sala lunga e stretta ricoperta di scaffali colmi di bottiglie e punteggiata da tavoli con panche in legno, che appena la stagione lo permette si lasciano per stare fuori, nella piccola veranda ricavata proprio a fianco della Statua Parlante. Qui si è accuditi da un servizio-chioccia che diventa commovente quando dà consigli alle signore su dove è meglio tenere la borsa per non rischiare di vedersela portar via.
La carta dei vini è enciclopedica, con ampie panoramiche su tutte le regioni italiane e una discreta proposta di mescita che spinge i vini laziali. La varietà degli sfizi in abbinamento è una dichiarazione di guerra all’inappetenza, fra salumi, formaggi, sfrigolanti lumache alla bourgogne, lingua alla senape, zuppe di legumi e tris di paté al fagiano, capriolo e fegato al Cognac che arrivano in tavola con una montagnola di pane abbrustolito (astenersi dentiere malferme).
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