Nelle Note del guanciale, la poetessa giapponese Sei Shōnagon evoca gesti e ricordi che "fanno palpitare il cuore" per la raffinata eleganza che li contraddistingue. Sono pagine intrise di piacere estetico ed evocative di una civiltà affascinante della quale si può avere un "assaggio" nel rione Monti di Roma. Doozo si presenta infatti non solo come ristorante giapponese ma come luogo-contenitore di iniziative volte a favorire la conoscenza della cultura del Giappone.
Del resto la sensibilità estetica che governa la cucina (e l'imbandigione) giapponese la accomuna a molte altre pratiche, dalla calligrafia alla pittura, dall'ikebana (disposizione dei fiori) allo tsutsumi (impacchettamento dei doni) che scaturiscono tutte dal medesimo orizzonte spirituale, lo Zen.
La libreria d'arte di Doozo - art book sushi
Per la sensibilità giapponese il piacere procurato dal cibo è formato da molte componenti: visiva, gustativa e tattile. Ecco allora un ambiente arioso e luminoso, pareti bianche, librerie laccate, fotografie in bianco e nero, libri d'arte e piccoli oggetti eleganti che rinviano a riti e abitudini di vita lontani.
E dopo questo avvolgente benvenuto visivo e tattile, arrivano le sensazioni di cucina, espressioni di un gusto e di una cultura millenaria sia nella preparazione sia nella presentazione. La cultura giapponese dedica infatti molta cura alla presentazione dei cibi, con una sensibilità estetica che riguarda la scelta delle stoviglie, la porzionatura dei cibi, la loro disposizione sui piatti in una ponderata distribuzione fra pieni e vuoti che al Doozo conoscono. Questo intreccio fra pieno e vuoto merita attenzione perchè manifesta anche una deliberata incompiutezza, una forma di volontario ritegno, di ineffabile sobrietà, qualcosa di taciuto insomma.
Ogni piatto arriva in tavola speditamente e in presentazioni colorate ma sobrie, poichè alla cucina giapponese sono estranee la ridondanza e le disposizioni elaborate tipiche dell'Occidente. La bellezza della presentazione non deve sgretolarsi nello svolgersi del pasto. L'irregolarità è un piacere, capace di suscitare sensazioni di ritmo e movimento.
Particolarmente felice è poi l'idea del Doozo di offrire un raccolto giardino d'inverno, dove si mangia non solo nella bella stagione. Afferrare con le bacchette le porzioni di sushi e sashimi bevendo tè verde immersi nella quiete creata dagli alti alberi mezzo nascosti dalla tenda e con lo zampillio di una piccola fontana come sottofondo, sono gesti che paiono trasportare in Oriente. Nella cucina giapponese la coerenza fra tecniche culinarie e dispositivo scenografico ha proprio origine nel modo di intendere la natura, di rispettarla e accudirla. La venerazione della freschezza e della stagionalità dei prodotti e la scelta dell'ingrediente crudo, esprimono il significato simbolico di un accostamento privilegiato alla natura. Ecco perchè la cucina rifugge la trasofrmazione dei cibi, l'artificio, le decorazioni bizzarre, rifiutate come mistificazioni che corrompono il sapore naturale degli alimenti.
Questo il visitatore del Doozo deve cercare e aspettarsi: espressione culinaria di una cultura e accuarata scelta delle materie prime coniugate al coraggio di una semplicità ornamentale che è solo apparente, perchè lo svuotare anzichè l'affollare sono le manifestazioni di un sapere affinato da pratiche secolari. E in fondo lo Zen non è l'arte di dissimulare l'arte?
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"La tavola da pranzo era posta a sud. A est era preparata la cena per la Regina Madre. La posarono su di un vassoio di legno di alce. La Regina Madre portava un bianco kimono orlato con cinque pieghe e una vestaglia rossa. Donna Dainagon serviva la tavola dell'Augusto Principe. Una minuscola tavola da pranzo con piattino, porta-bastoncini e una decorazione centrale che rappresentava una spiaggia marina, tutti piccoli come giocattoli per bambole."
Diario di Murasaki Shikibu (poetessa giapponese di Corte vissuta nel XI secolo) |