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Non sono uno chef (e poi la parola francese chef, usata da sola, non significa niente), sono un cuoco
Sono moderno per quanto mi concede la mia storia
Abbiamo bisogno di meno compositori e meno cuochi, perchè oggi abbiamo troppi compositori
Quando faccio cose strane reagisco come Rubinstein: non so più cosa faccio
Nella partitura c’è tutto tranne l’essenziale, ossia l’esecuzione. vale in musica e in cucina
Gualtiero Marchesi al Festival dei saperi di Pavia 11 settembre 2010 |
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La mia è una cucina in punta di piedi. Non faccio rivoluzioni e non ne cerco, cerco di evolvermi verso il futuro, di cavalcare il tempo.
Le contaminazioni sono per me un punto di partenza e non di arrivo, vanno avvicinate con curiosità e saggezza.
Studiate, approfondite i vostri interessi, viaggiate, confrontatevi, entrate nelle cucine dei grandi maestri, ma non dimenticate chi siete e da dove venite.
Massimo Bottura Chef La Francescana di Modena |
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Personalmente mi considero l’interprete di qualcosa, che sia la materia prima o la ricetta della tradizione, ma nel compiere questa operazione finisco per mettere in gioco il mio carattere.
Carlo Cracco Chef ristorante Cracco – Milano |
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Non sono i procedimenti che danno l’alta cucina, ma i risultati percebili al gusto.
Ferran Adrià (Congresso Identità Golose 2009)
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Gli chef devono essere come alberi, che affondano le radici nel territorio (in questo caso quello campano) e non vengono spostati quando tira un po’ di vento
Massimo Bottura Chef ristorante La Francescana di Modena, a Identità golose London 2009 |
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Non mi sono mai voluto chiudere nel mio guscio e nel mio orticello. Se mi si chiedono cosa mi sento, rispondo un vagabondo con radici italiane. E come cuoco è fondamentale la tecnica e la disciplina che apprendi in Francia, a cui io ho aggiunto le sfumature delle spezie che ho conosciuto in Asia, oltre naturalmente ai sapori italiani e al mio estro. Qui ci battiamo per fare qualità. Lo so che lo dicono in tanti, ma a noi interessa la qualità nel piatto in un’epoca dove designer, stilisti, architetti, medici, dentisti firmano locali meravigliosi, bellissimi da frequentare fino a quando non assaggi quello che propongono nel piatto. A Londra, l’ho verificato di persona, si investe sullo chef, nella nostra capitale il cuoco quasi non conta, arriva brutto ultimo. Io investo su me stesso e sul mio gruppo, però devo procedere con il freno tirato. So quanto valgo ma lo so io, la gente non ancora e mentre da uno che ha grandi voti accetta le novità, chi viene da me cerca il solito noto romano. A me questa clientela non interessa, io gioco sui contrasti tra caldo e freddo, pesce e carne, agro e dolce.
Anthony Genovese Chef ristorante Il Pagliaccio – Roma (Congresso Identità golose 2006)
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Un cuoco è formato anche da momenti piccoli, come andare nell’orto.
Ciccio Sultano Chef ristorante Il Duomo, Ragusa |
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“In una ricetta romana essenziale come l’ajo ojo e peperoncino gli ingredienti giocano un ruolo più che mai fondamentale: è tutto lì.”
Adriano Baldassarre Chef ristorante Il Tordo matto – Zagarolo |
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Le cinque vocali del cuoco Davide Oldani (Chef ristorante D’O, Cornaredo MI):
Amore, che significa tanta passione per questo mestiere, una dedizione senza limiti e un adeguato spirito di sacrificio
Educazione, che vuol dire risettare. La materia prima. Chi ti insegna qualcosa. I collaboratori. L’ospite. La gente in generale. Le idee altrui. Insomma, non pestare i piedi.
Intraprendenza, ossia ambizione. Come preferite, ma sana. In altre parole dettata dall’intelligenza.
Obbedienza, ai Maestri. Alle stagioni. Alle regole. Quelle che c iinsegnano e quelle che ci diamo da soli. Al nostro “sentire”.
Umiltà, prima per imparare. E poi anche nell’istruire, quando si è in grado di farlo, ma senza tiranneggiare. Condividere con gli altri soddisfazion ie delusioni. Le classiche gioie e dolori, alla fine. E i buoni risultati. Non sputare mai nel piatto in cui si mangia. Criticare, sì. Ma senza prevaricare. Senza offendere o umiliare.
Davide Oldani Chef ristorante D’O a conversazione con Lucia Morello, Cuoco andata e ritorno. Viaggi sogni ricette di un uomo che voleva cucinare |
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Nel raviolo aperto ciò a cui si assiste è soprattutto un ribaltamento dei ruoli: il sottile velo di pasta, da cui traspare in filigrana una foglia di prezzemolo, occulta (cioè confina in posizione subordinata) ingredienti “nobili” che avrebbero dovuto essergli anteposti per status gastronomico … la pasta assurge qui ad elemento di distinzione: al di là dell’impatto figurativo, il motivo centrale della fasinazione del piatto verte precisamente su questo ricollocamento simbolico, avallato da un titolo ad effetto in cui, non a caso, si fa solo menzione di un raviolo eterodosso.
Gualtiero Marchesi, in La cuisine italienne réinventée |
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Le verdure sono il prodotto più importante per cultura nella nostra zona: zucchine trombette carciofi, pomodori cuore di bue, basilico, asparagi viola… provengono in parte dal mio orto situato nell’Alta Val Nervia, e in parte da piccoli produttori locali, che utilizzano esclusivamente tecniche naturali di coltivazione.
Paolo Masieri, chef ristorante Paolo e Barbara – Sanremo |
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Il pane ha per me un ruolo molto importante in un pasto: insieme alla focaccia e alla sardenaira che offro con l’aperitivo, ne produco giornalmente diverse varietà, utilizzando lievito naturale e le farine selezionate dal Mulino Marino di Cossano Belbo, tutte macinate a pietra e rigorosamente biologiche.
Paolo Masieri Chef ristorante Paolo e Barbara – Sanremo
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In un menu deve esserci non più del 10% di aspetto ludico.
Ciccio Sultano Chef ristorante Il Duomo, Ragusa |
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Diciamo che mi sono un poco stancato di vedere dei piatti stupendi rovinati da una foglia di guarnizione che non serve a nulla. Non regala niente se non al lato estetico, quindi un po’ poco. Ecco, vorrei che ogni foglia che va a inserirsi nel contesto di un piatto avesse qualcosa da dire anche lei, ovviamente sposando estetica e gusto.
Faccio due esempi. Il primo: Sandwich di cefalo con emulsione di ostriche: ecco, ditemi a cosa servirebbe una foglia di prezzemolo piuttosto che di aneto. Sarebbe come dichiarare un limite, mettere un qualcosa che serve solo all’occhio, ma che in cucina non serve. Io completo questo piatto con una foglia di mertensia maritima, ovvero una piccola foglia che in bocca regala un’esplosione inaspettata, il sapore puro dell’ostrica dato da un vegetale. E poi la Tartare di branzino e musetto: stesso concetto e qui aggiungo dei getti di kren oppure delle foglie di senape piuttosto che di pepe d’acqua per dare un “taglio” deciso, senza paura. Ecco oggi, per me, la natura.
Emanuele Scarello chef ristorante Agli amici – Godio (UD) |
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Cucina non è mangiare. E’ molto, molto di più. Cucina è poesia.
Heinz Beck Chef ristorante La Pergola hotel Hilton – Roma |
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La cucina d’avanguardia è una cucina d’autore, pensata e che fa riflettere… fa ricerca e applica la ricerca a un territorio e alle sue materie prime, rispettandole.
Massimo Bottura Chef ristorante La Francescana, Modena
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