Invitare una persona è occuparsi della sua felicità durante tutto il tempo ch’essa passa sotto il vostro tetto. Così scrive Anthelme Brillat-Savarin nelle celebri Meditazioni di gastronomia trascendente, preso alla lettera da Fabio Baldassarre che nel suo ristorante non lontano dalla rinata piazza dell’Orologio offre un perfetto esempio di accoglienza e ospitalità. Il suo credo è riassunto nelle tre parole dipinte sulla tela rossa di un quadro scelto per le pareti: emozione desiderio piacere. Tutto in questo locale congiura infatti al benessere dell’ospite: accoglienza cordiale e senza svenevolezze, ambienti eleganti, apparecchiature raffinate e cura dei particolari, servizio professionale di uno staff davvero affiatato, interessante carta dei vini. E un menu che, fondendosi con le mille attenzioni riservate ai gourmet, lusinga i sensi.
Siamo all’angolo con l’antica strada pontificia dove il papa transitava in corteo dopo l’investitura e il Mastai in questione è Pio IX, al secolo Giovanni Maria Mastai Ferretti, l’ultimo papa re. “Non sono profeta, ma vi assicuro che in Roma non entrerete" tuonava contro Vittorio Emanuele nel settembre 1870, ma invece del miracolo arrivò la breccia di Porta Pia che cambiò tutto. Una metamorfosi mal accettata dal papa, tanto che Carducci ironicamente gli rivolse i noti versi “Vieni: a la libertà brindisi io faccio: Cittadino Mastai, bevi un bicchiere”. Al brindisi si ispirava l’insegna dell’enoteca - ormai chiusa - Il bicchiere di Mastai dalla quale il ristorante si è voluto distinguere chiamandosi L’altro Mastai. Fabio Baldassarre nasce in una famiglia di cuochi di origini abruzzesi e l’insieme di gusti, profumi e sapori che compongono l’immaginario della cucina mediterranea trova un’eco felice nelle sue preparazioni, caratterizzate ora da accostamenti armonici ora da giochi di contrasti, ma sempre equilibrate. Le esperienze maturate nei periodi di lavoro trascorsi in Germania e Inghilterra (con maestri del peso di Heinz Winkler, Raymond Blanc o Heinz Beck a Roma), si traducono oggi in una cucina fra le più interessanti della città capitolina, capace di attingere ai sapori delle antiche ricette e di ottenere piatti ricchi di carattere e sfumature. Mai statica eppure solida. Sicura ma in continuo arricchimento. I piatti, preparati con materie prime di assoluta freschezza cercate personalmente nei mercati preferiti, rivelano dedizione, curiosità, ricerca. Un’armonia spesso perfettamente raggiunta, come testimoniano la guancia di vitello brasata, all’apice dei sapori, o i ravioli di testina di maiale, la cui delicatezza è ampliata dalla salsa di mascarpone di bufala, senza dimenticare il gioco di rimandi golosi fra il gelato di barbabietola e la battuta di carne cruda di manzo alla quale è accostato. L’arguto Giacomo A. Dente elogia su il Messaggero (28 ottobre 2005) l’equilibrio che caratterizza la cucina di Fabio Baldassarre, “in un gioco di forza e leggerezza come il settecentesco soffiatore di bolle di sapone di Jean-Siméon Chardin”. Decisamente altro sapore rispetto alle bolle (di scomunica) del cittadino Mastai.
© Maria Luisa Basile 2007 – riproduzione vietata
“F. ha portato del pane che ha fatto. I cibi e la tavola sono solidi, invitanti, gustosi. Perfino nostalgici se confrontati con tutto il resto, con ciò che esiste e si trova fuori…” Raymond Carver, Cattedrale |