Anthony Genovese è uno Chef colto e sensibile che nel corso degli anni ha dimostrato professionalità e determinazione, vincendo non poche difficoltà. Cresciuto in Francia con l’orgoglio delle proprie origini calabresi, si forma Oltralpe e in Oriente, all’Enoteca Pinchiorri di Tokyo e al Mandarin Hotel di Kuala Lumpur in Malaysia. Tornato in Italia ottiene il successo al Rossellinis di Palazzo Sasso a Ravello nella Costiera Amalfitana. Dopo una prima forte delusione nella Capitale, non si scoraggia e la rivincita è Il Pagliaccio, il locale vicino a Campo de’ Fiori, dove propone una cucina audace e al tempo stesso ricca di significato, tecnica ed estro che in breve tempo gli fa conquistare due stelle Michelin.
Ricercatore nato, dai piatti di Anthony Genovese traspare l’amore acquisito in Oriente per le spezie, gli aromi, le erbe, come nei tortelli di patate al caprino e acciughe con erbe aromatiche e sorbetto di pomodoro irrorati in tavola con acqua di pomodoro e tè verde (2007). Passione per le spezie si, ma senza esagerazioni. Si tratta piuttosto di evocazioni, raffinate citazioni, espressioni dell’amore per altre culture e per il viaggio. Del resto già Hildegard von Bingen, la figura femminile più famosa del Medioevo, dedica ampio spazio a spezie ed erbe aromatiche nei suoi scritti (Physica), descrivendone le proprietà benefiche.
Ogni piatto è un divertimento per la vista prima che per il palato grazie al gioco di forme e colori che si inseguono e si fondono, come i ravioli di sola seppia incoronati da ricci crudi (2009) o il girotondo che il maialino da latte intreccia con i funghi di stagione fritti e crudi e il dattero farcito con ricotta e menta (2007). Piatto di grande finezza gustativa anche la pasta e fagioli con piedini di maiale (servita come appetizer!) e grande tecnica nella squisita ed eterea animella, saporita citazione alla cucina romana tradizionale, cucinata presentata in vari modi a seconda delle stagioni.
Tenace filo rosso delle proposte sembra essere la bellezza pura e fragile delle composizioni, secondo la lezione di Kawabata in “Bellezza e tristezza”. Molti piatti vengono infatti serviti a una temperatura che li rende immediatamente godibili ma che non concede procrastinazioni – ne è un esempio la sella di agnello con fico in tempura e purea di melanzane del 2007 o la burrata con gnocchi di patate e ostriche del 2009 - come a ricordare che la bellezza è breve ed effimera. Estremamente curata è sempre la presentazione, in un gioco scenografico che piacerebbe a Peter Greenaway.
Il capitolo dei dolci è firmato dalla pastry chef Marion Lichtle, compagna di lavoro di lungo corso le cui architetture golose giocano con frutti e fiori di stagione, come il sorbetto allo Champagne e rabarbaro (2009), il riso al cioccolato fondente e granita di clementine (2009), le nuvole di rosa al rosmarino che circondano il sorbetto di mela granny smith imprigionato fra sottili pareti di croccante di mandorle (2007) o il pennacchio di cocco sul tartufo di cioccolato bianco e fondente (2009).
Atmosfere intime e accoglienti per le sale, rafforzate dal servizio attento e cordiale di una squadra molto affiatata diretta dal maitre Daniele Montano.
© Maria Luisa Basile – riproduzione vietata
“Settimo giorno del primo mese: dopo aver raccolto tra la neve appena disciolta un mazzo di fresche erbe, lucide e verdi, è piacevole poterle gustare in un luogo dove normalmente è impossibile trovarle” Sei Shōnagon, Racconti del cuscino
(Il Settimo giorno del primo mese era giorno di festa in cui si bevevo un brodo considerato un elisir di lunga vita ottenuto facendo bollire sette erbe primaverili: crescione, borsa di pastore, bietola, centonchio, rapa, rafano, foglie del loto)
Bellezze artistiche nei dintorni
Il ristorante Il Pagliaccio ha interpretato per Assaggi di Teatro gli spettacoli Otello di W. Shakespeare, Il laureato con Giuliana De Sio, La strada di F. Fellini, I gemelli veneziani di Goldoni |