Entrare al Cambio senza provare emozione è impossibile. E non solo per la bellezza intatta degli ambienti abbelliti da specchi, piccoli affreschi, stucchi e imponenti lampadari di cristallo, ma perchè ai piccoli tavoli e ai divanetti in velluto rosso hanno sostato i personaggi che hanno visto nascere l'Italia e alla nuova nazione per primi hanno brindato. Una targa (dorata e sorretta da nastri tricolore) ricorda il tavolo, sempre lo stesso, riservato al conte Cavour; si trova in una posizione strategica che permette di vedere la facciata in mattoni nudi del barocco Palazzo Carignano, allora sede del Parlamento Subalpino. Se vi erano urgenze o il conte doveva rientrare per votare, il segretario esponeva un fazzoletto bianco.
I fantasmi di Cavour, Manzoni, D'Azeglio e di tutta l'aristocrazia sabauda aleggiano benevoli fra le sale, accompagnano i camerieri inappuntabili, accolgono gli avventori moderni e si godono la cucina di Riccardo Ferrero. Non è facile fare cucina in un locale con tanta storia alle spalle. Che si proponga solo la tradizione o che si cucinino piatti innovativi, si scontenta sempre qualcuno. Riccardo Ferrero ha trovato una formula personale puntando sulle ricette piemontesi tradizionali alternate a preparazioni di moderata creatività. Per esempio risulta perfetta la scala di note dolci e caramellate offerta dall'antipasto di scamponi abbinati a pesche e salsa caramellata al caffè. Stuzzicante e molto raffinata anche la tavolozza composta da coniglio, tartufo nero e cubetti di foie gras: un elegante incontro fra l'aia, il bosco e le raffinatezze di città, legate dall'olio alla nocciola e dalla riduzione di Porto.
Dal capitolo "tradizione" si può scegliere un'ottima carne cruda arricchita da funghi porcini e sostenuta da una piacevole salsa al gorgonzola per nulla invadente. Perfettamente disuguali gli agnolotti: gonfi, sodi, dai bordi dentellati come creste di gallo, preparati a mano con un inedito (per Torino) ripieno di verza e resi saporosi e lucidi dal sugo d'arrosto.
La cacciagione fa capolino dai secondi, nell'anatra confit che può essere servita con una purea di patate alla vaniglia e, in omaggio a uno dei prodotti-simbolo di Torino, generose scaglie di cioccolato fondente. Al dolce la scelta può cadere, invece che sul piemontesissimo bunet, sugli squisiti fruttini gelati alla castagna e al fico d'India e sulle piccole golosità che accompagnano il caffè.
Fuori dal ristorante, usciti nella piccola piazza dominata dalla statua dedicata a Gioberti, c'è l'imbarazzo della scelta: emulare Tolstoj, che visitò con entusiasmo Palazzo Carignano, il luogo dove il Piemonte fu trasofrmato in un più ampio paese e che fu sede del primo parlamento italiano. Oppure sostare sulla panche in legno vicino al Teatro Carignano, inseguendo con l'immaginazione i percorsi compiuti da Eleonora Duse che a Torino soggiornò e recitò spesso. O rifugiarsi fra le mummie... del vicino Museo egizio.
© Maria Luisa Basile |