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Ricette degli chef – pesce

Variazione di baccalà: baccalà alla piastra
con salsa di capperi, acciughe e pomodori secchi

ricetta della Chef Agata Parisella per il ristorante Agata e Romeo – Roma
dedicata allo spettacolo Casa di bambola di Ibsen per “Assaggi di Teatro

[continua]

Timo

aforismi*gourmet

Fra le molte varietà di timo esistenti, almeno due sono utili per curarsi e per cucinare: il Thymus vulgaris e il Thimus serpillum. La prima varietà cresce in luoghi aridi, ha fusto eretto e fiori bianchi o rosei. La seconda varietà si presenta serpeggiante nella varietà selvatica e per questo Teofraso e Plinio le attribuivano particolari proprietà contro il veleno degli animali e non solo: “per curare il mal di testa lo si fa bollire in aceto e poi lo si applica insieme con olio di rose sulla fronte e sulle tempie […] Quattro dracme in acqua costittuiscono una pozione curativa in caso di colica, di difficoltà urinaria, di angina e di vomito”.
Fra tutte le erbe il timo è quella che mantiene più a lungo il proprio profumo.
Il periodo di raccolta delle foglie di timo e delle cime fiorite va da tutta la primavera a tutta l’estate.
Dal timo si estra un olio essenziale, costituito da timolo e carvacrolo e da terpeni e derivati terpenici, con proprietà antisettiche e antispasmodiche. Oltre a essere presente nelle lozioni per capelli, si usa per la pulizia del corpo e la disnfezione, in soluzioni detergenti saponose.
In Libano il timo, insieme a sommaco e sesamo, e olio d’oliva, costituisce la miscela per la pasta con la quale si prepara il pane chiamato mana’eeshbil-za’tar mangiato a colazione.

Il timo prediletto dalle fate
Si favoleggia che il timo sia amato dalle fate, perciò chi vuole incontrarle dovrebbe preparare un infuso delle sue influorescenze (solo in luoghi aperti e con cautela)
.

Il fiore del timo è fra i più ricercati dalle api, come ricorda Virgilio nell’Eneide:
Così, all’inizio dell’estate, il lavoro
per i campi fioriti affatica le api nel sole,
quando guidano fuori i figli adulti della specie,
o stipano il liquido miele e ricolmano di dolce nettare
le celle, o ricevono il peso dalle venienti, o fatta una schiera
scacciano dalle arnie i fuchi, neghittoso sciame:
ferve l’opera, olezza il fragrante miele di timo

Grazie allo stretto legame con le api operose, la piana di timo ha evocato l’emblema della Diligenza. Nella Cinquecentesca Iconologia di Cattabiani, la Diligenza è raffigurata come una donna di vivace aspetto che tiene nella mano destra un ramo di Timo sul quale vola un’ape e nella sinistra un tronco di Amandola unito con uno di Moro di gelso e ai piedi un gallo ruspante.

altri Frammenti di un discorso gourmet:

La foto in alto a destra con maiale e fragole è tratta da Adriano Del Fabbro, L’arte della Norcineria


Doppio sogno… gourmet

Io sarò il tuo bosco (il tuo campo, il tuo prato, il tuo parco) e tu il mio cerbiatto
Cibati dove più ti piace…”
William Shakespeare, Venere e Adone

Nella più magica delle commedie shakespeariane, dove si miscelano avventure amorose, romantiche e fiabesche, il gusto del pubblico è sollecitato anche dai sapori proposti da Alfonso, Livia ed Ernesto Iaccarino che percorrono i boschi e i giardini dell’Eden in cerca di magiche erbe con le quali interpretano con ispirazione e impegno creativo il Sogno di una notte di mezza estate e il Mercante di Venezia di William Shakespeare.

La notte che dà il titolo all’opera del bardo è quella che segna il solstizio d’estate, quando il Sole giunge al suo zenith. In quella notte si va nei boschi, si accendono fuochi, si danza e si veglia al chiaro di luna che bagna di luce lattea alberi e amanti, toccandoli come fosse il solleone. Solari suggestioni di limoni, ulivi, viti affacciate sul Mediterraneo sono suggerite dall’arrivo in tavola dell’ampolla d’olio di produzione propria e dall’intensità marina del Vermentino 2006. L’omaggio pagano di Alfonso Iaccarino al Sole si completa nell’ispirato uovo biologico all’olio di curry Madras, intensamente goloso nella sua grazia e semplicità. Stuzzicante simbolo della vita che nel bosco dorme e si risveglia, vibra di colore e sapore e ha come nido un letto di fragranti fagiolini verdi.  “A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo, a tutti gli uccelli che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io di in cibo ogni erba verde”. Genesi I,29-30.
Nella commedia tre sono le coppie che celebrano la triplice sottomissione alla legge di Atene dopo che la Luna – anche chiamata la triplice Dea – le ha illuminate nelle loro notturne peregrinazioni nel bosco fatato. Tre sono le variazioni gourmet che sottomettono l’elegante carciofo alla sapienza culinaria: in impalpabile tempura, farcito di mozzarella e fritto, contrastato da una leggera salsa di acciuga e con le punte ben dorate e croccanti, come tramandato dalla tradizione ebraica del Ghetto. Un omaggio al personaggio ebreo del dramma shakespeariano, Il Mercante di Venezia, sostenuto dallo Chardonnay che con la sua struttura e armonia gioca con i sapori decisi del piatto.

Il filosofo nonché stimato mago rinascimentale Paracelso, coltiva una particolare avversione per i mercanti di spezie. È convinto che le spezie facciano pagare le delizie del loro sapore con gravi danni all’organismo e “che tutti i mercanti i quali trafficano in spezie per allettare il palato hanno il diavolo nell’anima”. Nella sua repulsione unisce ai mercanti gli usurai e mezzo secolo dopo Shakespeare raccoglie l’invettiva e la rende paradigmatica del suo dramma Il Mercante di Venezia. Le spezie, nella regione degli Iaccarino, sono conosciute e impiegate per insaporire e conservare gli alimenti da secoli, portate dalle navi che con le loro rotte commerciali solcavano il Mediterraneo e trasportavano prodotti da terre lontane.
Il potere erotico della natura celebrato nel Sogno e quello sensuale delle spezie evocato dal Mercante, è raccolto e condensato in una corona per il Re e la Regina delle Fate, Oberon e Titania, che abitano il bosco insieme al loro corteo magico di fate, gnomi, coboldi (tanto amati dalla regina Elisabetta I). La corona è composta di Tortelli di Germano reale alle spezie d’Oriente, fonduta di pecorino e tartufo nero ed è il piatto dedicato dalla famiglia Iaccarino ad Assaggi di Teatro. Nella corona di tortelli si intrecciano gli aromi del bosco, dall’aria (il germano reale) alla terra (il tartufo e il timo che si favoleggia sia amato dalle fate), fusi con l’eco speziata del dramma dedicato al Mercante di Venezia ed esaltati dalle note di un vino rosso per nulla austero.

“Ho fatto un sogno che nessun cervello umano riuscirebbe a spiegare…”
William Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate
Tornando al Sogno, Livia Iaccarino si sofferma sul titolo della commedia: “bisogna prendere le cose che vi accadono come illusioni, sogni, visioni e ombre” dice. Ne è ricco il bosco, nella cui vegetazione si cela il lupo al quale, si sa, piace l’agnello. Nella Metafisica dell’amore sessuale Arthur Schopenhauer evoca il platonico paragone fra il desiderio e l’amore del lupo per l’agnello: “l’amicizia di un amante non nasce insieme alla benevolenza, ma alla maniera del cibo, per saziarsi; come i lupi amano gli agnelli, così gli amanti hanno caro un fanciullo” (Platone, Fedro). La coppia lupo-agnello stuzzica anche Carl Schmitt per il quale “il lupo che divora l’agnello attua la validità superiore del valore nutritivo di cui l’agnello per il lupo è portatore rispetto alla validità inferiore del valore vitale di cui lo stesso agnello è portatore rispetto al valore vitale del lupo” (La tirannia dei valori). Il Baby esce dal labirinto filosofico con una personalissima visione di gusto, saperi e sapori: in sella a un Agnello al profumo di erbe aromatiche del bosco mediterraneo.  
Perché quella del solstizio d’estate è la notte giusta per raccogliere erbe dai poteri soprannaturali, erbe capaci di risvegliare l’amore. E l’amore è vista che si annebbia per un po’ di nettare di fiori e che torna di nuovo limpido per gocce di lacrime altrui.

“Nutritelo d’albicocche e di lamponi
d’uva purpurea di verdi fichi e more di gelso.”
William Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate
La favola si conclude fra i profumi e i sapori intensi di frutti di bosco da sogno che ornano la piccola pasticceria e il Sorbetto contenuto in calici di cristallo e argento che paiono cesellati dal folletto Puck, detto anche Robin o Good Yellow, il diavoletto birichino, lo spirito monello, il bricconcello che Hugo Pratt disegna in una storia a fumetti di Corto Maltese, dove sotto forma di corvo, sveglia il marinaio addormentato fra le nebbie di Stonhenge, in un sogno di un mattino di mezzo inverno.

Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro

si ispira a Sogno di una notte di mezza estate e Il Mercante di Venezia, di William Shakespeare


Assaggi di… Tortelli
La famiglia di Alfonso Iaccarino dedica a Shakespeare i Tortelli di Germano reale alle spezie d’Oriente, fonduta di pecorino e tartufo nero


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta dei Tortelli di Germano reale degli Chef Alfonso ed Ernesto Iaccarino

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Assaggi di Teatro 2008-2009 è un incontro di gusto fra Roma gourmet, ETI Ente Teatrale Italiano, Assessorato alle Politiche della Cultura e della Comunicazione del Comune di Roma
in collaborazione con Arsial

per i Teatri Valle e Quirino

main sponsor

in collaborazione con

si ringraziano

Babayaga



Il fantastico mondo di RG

A Roma gourmet piace fare la coda alla cassa del Tazza d’oro al Pantheon e poi ordinare una Monachella. Godere il naufragio del velo di panna nell’abbraccio del caffè.
A Roma gourmet piace l’aperitivo. All’Auditorium con un’amica che non si vede da tempo. Al bar dell’Hotel de Russie con un cocktail Martini davanti alla terrazza del Valadier. Al Riccioli cafè con Champagne e ostriche Belon. In piedi davanti alla Basilica di S. Maria Maggiore, mentre si accendono le luci che illuminano il mosaico.
A Roma gourmet non piacciono i fritti indigeribili serviti con l’aperitivo a piazza Augusto Imperatore.
A Roma gourmet non piacciono i ristoratori ai quali non piacciono le persone che mangiano da sole.
A Roma gourmet piace scegliere il ristorante dove regalarsi qualche ora di piacere gastronomico, prenotare, programmare una visita ai dintorni, pregustare il tragitto in macchina. I preparativi rappresentano il 75% del piacere.
A Roma gourmet non piace quando, lodato un piatto al patron di un ristorante la cui moglie lavora in cucina, si sente rispondere da lui che è stata una propria -geniale- idea (mica della moglie suddetta).
A Roma gourmet piace leggere il giornale il sabato mattina in piazza di S. Lorenzo in Lucina, con un caffè e il cornetto alla marmellata di visciole. Se i cornetti sono finiti, alzarsi prima il sabato dopo.
A Roma gourmet non piace il ventilatore che da Ciampini in estate spruzza (sputa) vapore addosso.
A Roma gourmet piace riuscire ad alzarsi davvero presto la domenica mattina, salire sul bus numero 3 che passa davanti al Colosseo, scendere a piazza Ippolito Nievo e, prima di tuffarsi in Porta Portese, fare colazione in uno dei due bar aperti. A Roma gourmet non piace il cornetto industriale dei due bar.
A Roma gourmet piace una sosta di erotico edonismo davanti al Fauno con fanciulla ai Musei Capitolini dell’ex Centrale Termoelettrica Montemartini, sull’Ostiense. All’uscita, se è Carnevale, le zeppole con ricotta e ruhm della pasticceria Andreotti.
Roma gourmet ama(va) il profumo di carta che si respira(va) fra gli scaffali di Vertecchi prima che fossero invasi da peluche e gadget assortiti. A Roma gourmet piacciono i colori del Natale da Vertecchi e i turbanti color delle spezie del maitre indiano di Tad.
A Roma gourmet non piace bere acqua servita in un bicchiere caldo appena uscito dalla lavastoviglie.
A Roma gourmet piace via San Martino ai Monti: le vetrine degli artigiani, l’insegna del nipotino del  solitario, la casa del Domenichino. A Roma gourmet non piace il bar-libreria in fondo alla via: pochi libri per essere libreria, poche bevande per essere bar, pochi sorrisi agli sconosciuti. Poco di tutto per aver voglia di fermarsi.
A Roma gourmet non piace mangiare accanto a un tavolo dove sostano bicchieri e tovaglioli usati. Non piace vedere  i camerieri ri-apparecchiare i tavoli mentre gli avventori intorno stanno ancora mangiando. Si sparecchia, punto.
A Roma gourmet non piace vedersi servire un piatto con tanti segni di ditate sul bordo. Vanno tolti con un tovagliolo prima del servizio in tavola.
A Roma gourmet piacciono i ristoranti di provincia che rimangono aperti a pranzo nei giorni feriali per servire anche un solo tavolo. E piace potersi fermare a pranzo anche senza aver prenotato senza ricevere l’impressione di “disturbare”.
A Roma gourmet piace mangiare un tramezzino al banco di Rosati chiacchierando con i baristi spiritosi e allegri. A Roma gourmet non piacciono i camerieri che servono ai tavoli all’aperto di Rosati, musoni, distratti, scortesi. A Roma gourmet non piace il vinello della casa che pare spillato dal tetrapak. A Roma gourmet piace il passato di Rosati e la rivalità con Canova, dove Fellini leggeva il giornale.
A Roma gourmet non piaciono i locali dove, se sei da solo/a, cercano di farti sedere al tavolo peggiore (vicino alla porta, vicino al bagno, vicino alla cucina) o in un angolo. Si esce per stare bene e soprattutto per stare in mezzo alle persone, altrimenti si restava a casa, no?
A Roma gourmet piace, dall’autobus, di giorno, di notte, Roma.

Menu San Valentino all’Acchiappafantasmi

ANTIPASTI : Bocconcini di Mozzarella e Pancetta affumicata; Insalata di
Spinaci crudi all’Aceto balsamico; Parmigiana di Melanzane.
PRIMO PIATTO : Caserecci con Melanzane e Ricotta salata o con Salsiccia
calabrese e ‘Nduja.
oppure
PIZZA CUORE (grande formato) 2 gusti ogni 2 persone
DESSERT : Tartufo di Pizzo Calabro per due (dolce di San Valentino a forma di cuore)
Acqua minerale, Caffè e Digestivi.
Cena a lume di candela con Orchidea per le signore
Prezzo del Menu (vini esclusi): 30,00

Ricette degli chef – pasta

Tortelli di germano reale alle spezie d’Oriente
fonduta di pecorino e tartufo nero

ricetta dello Chef Alfonso Iaccarino – ristorante Don Alfonso 1890
S. Agata sui due Golfi (NA)

dedicata a Sogno di una notte di mezza estate e Il mercante di Venezia di Shakespeare per “Assaggi di Teatro

[continua]

Cinghiale

aforismi*gourmet

Il cinghiale è il progenitore del maiale domestico ed è diffuso in Europa, Asia centrale e meridionale. Gli esemplari presenti in Italia sono il risultato di una serie di incroci con esemplari del Nord Europa e risultano più grandi e prolifici.
La pelliccia è bruno grigia, setolosa e folta. Il peso può variare da 50 a 180 kg. L’alimentazione è a base di ghiande, radici, bacche, frutta, lumache, vermi, insetti e uova di uccelli che nidificano a terra. Vive in branchi guidati dalle femmine, mentre i maschi, contraddistinti dalle zanne ricurve, sono solitari e si riuniscono al branco in inverno, stagione dell’accoppiamento. In cucina è apprezzato il cinghiale piccolo; se è grande si consiglia una marinatura di circa 3 ore, da prolungare a 8 ore in caso di esemplari vecchi.

Cos’è la cucina d’autore? “Alcuni dicono arte; per me è la difficoltà della semplicità, la capacità di portare al suo zenit la ricetta senza bisogno di prodotti di lusso.”
Alex Atala

altri Frammenti di un discorso gourmet:

La foto in alto a destra con maiale e fragole è tratta da Adriano Del Fabbro, L’arte della Norcineria


Colombaccio

aforismi*gourmet

Specie diffusa in tutta Europa, in Asia occidentale e nel Nord Africa. In Italia è una specie invernale di passo, ma spesso nidifica. Può pesare fino  a 430-550 gr. Il becco è appuntito e ricurvo e le ali lunghe, ricoperte di piume grigie come il dorso. Il piumaggio è identitco in entrambi i sessi: macchie color risso vino sono  fregiano il petto e le piume del collo sono verde metallico con una macchia bianca. Le zampe sono rosse.
Il colombaccio è velocissimo in volo ed è  una specie gregaria.  Monogamo, può riprodursi fino a tre volte l’anno e i maschi si alternano alle femmine nella cova. Predilige lvivere in foreste di alto fusto con radure e ama anche le zone coltivate dove può trovare semi di graminacee, bacche, leguminose, germogli e giande. 
La carne è delicata e saporita, adatta a essere cucinata alla griglia, arrosto o in salmì.

Cos’è la cucina d’autore? “Alcuni dicono arte; per me è la difficoltà della semplicità, la capacità di portare al suo zenit la ricetta senza bisogno di prodotti di lusso.”
Alex Atala

altri Frammenti di un discorso gourmet:

La foto in alto a destra con maiale e fragole è tratta da Adriano Del Fabbro, L’arte della Norcineria


Tordo

aforismi*gourmet

Passeriforme monogamo che nidifica sugli alberi. Lungo circa 25 cm, npesa circa 70-80 gr. Le piume sono di colore cenerino olivastro sul dorso e bianche sul ventre con macchie nere. Le ali sono color giallo ruggine chiaro. In Italia è una specie di doppio passo.
Nidifica nell’Europa centro settentrionale e in autunno sverna in paesi mediterranei, vivendo nella macchia mediterranea o in montagna, a bassa quota.
Il tordo è molto ghiotto di bacche di ginepro, olive, uva, corbezzoli e sorbe. Il ginepro contribuisce a dare un particolare aroma alle carni che si presentano scure e assai gustose, soprattutto in autunno. Poichè le carni sono molto magre, prima della cottura  sono avvolte nel lardo o nella pancetta.
Una ricetta molto diffusa è il tordo allo spiedo, cucinato intero, senza eviscerazione e asportando solo gli occhi. Nello spiedo si alternano cubetti di lardo e di pane. Durante la cottura la carne viene unta spesso con un ramoscello di rosmarino intinto nel grasso che cola.

Il tordo e la sua golosità hanno ispirato una Favola di Esopo.

Cos’è la cucina d’autore?
“Alcuni dicono arte; per me è la difficoltà della semplicità, la capacità di portare al suo zenit la ricetta senza bisogno di prodotti di lusso.”
Alex Atala

altri Frammenti di un discorso gourmet:

La foto in alto a destra con maiale e fragole è tratta da Adriano Del Fabbro, L’arte della Norcineria


Caccia al gusto

“…abbiamo stanato questa preda,
come tu hai ordinato. La nostra caccia non è stata vana.”
Euripide, Baccanti 434

Desiderio di accerchiare, stanare, catturare l’entità inafferrabile per eccellenza, Dioniso che, fra i tanti nomi, ha anche quello di Zagreus, Bacco cacciatore, dio dell’ebbrezza vitale indotta dal vino, elargitore di felicità e di una conoscenza più alta. Anche questo è La caccia, lo spettacolo ispirato alle Baccanti di Euripide, diretto e interpretato da Luigi Lo Cascio.
Quali prodigi possa operare il dono di Dioniso e quanto possa essere mutevole il gusto di ogni conquista-preda lo dimostra Giulio Terrinoni chef che, con piglio creativo e la divertita complicità del palato di Angelo Troiani (per una volta nella sola veste di gourmand), propone accostamenti inediti fra selvaggina, cacciagione e sapori marini. Come a voler liberare il tiranno Penteo dalla sua idea stereotipata del mondo e svelando ai gourmet nuove combinazioni di sapori, fuori da schemi e idee convenzionali.

L’intreccio di gioco e ferinità della caccia si manifesta già nell’amuse gorge, dove una coscetta di colombaccio e un totano tentacolare bramano, da una nuvola di patate, la torre di morbida burrosità sormontata da bottarga e carciofo crudo e rinascono nelle onde mediterranee del vino, perché nel vino è la verità, anche quella dei sapori.
La metafora della caccia allude all’ambiguo scontro tra persecutore e preda. Chi è preda e chi cacciatore fra Penteo, un re, un uomo “che non è fatto per il godimento” e  che non capisce e respinge Dioniso subendone contemporaneamente il fascino, e il dio Bacco che si presenta come uno splendido fanciullo capace di sconvolgere la mente come il Tadzio della Morte a Venezia di Thomas Mann?
Chi è cacciatore e chi preda, il colombaccio – offerto arrostito su una cialda di patate – o l’ermafrodita Marmora, pesce carnivoro, sfuggente e sospettoso? Tra i due, una scia di salsa alla Mugnaia e, come sassolini da seguire per arrivare all’uno e all’altra, saporite bacche di mirtillo.
La caccia a Dioniso viene data anche dal sommelier che lo onora con un vino profumato e dorato come i boccoli e gli “occhi lucenti” del dio nei quali “risplendono le grazie di Afrodite” (Euripide, Baccanti 236).

Dioniso è per gli Ateniesi il dio del teatro e il teatro che parla di Dioniso parla dunque anche di se stesso. Così Acquolina cita la propria vocazione marinara ma anche la capacità di indossare nuovi abiti di scena nel piatto dedicato dallo chef Giulio Terrinoni ad Assaggi di Teatro in carta dal 10 al 22 febbraio: le Pappardelle al nero di Seppia con ragù di cinghiale, pera cotta nel vino rosso e pecorino. Il piatto è sontuoso. È pensiero ed emozione, è gustosa sintesi culinaria dei temi della tragedia di Euripide: c’è la preda e vittima animale agognata da ogni cacciatore, c’è l’eco del mare solcato dalle navi con reti per catturare e alberi maestri come quello tramutato in vite da Dioniso, prima di giungere all’isola di Nasso e incontrare la futura sposa Arianna. E c’è il rito dionisiaco celebrato sia come ingrediente del piatto sia come nettare che lo accompagna: “l’umido succo d’uva che libera dal dolore gli infelici mortali, quando si inebriano con la linfa della vite, e dona il sonno, oblio dei mali quotidiani…” (Euripide, Baccanti 280).

Continua l’intensità di sapori, raccontata anche da Angelo Troiani che sulla selvaggina ricorda gli insegnamenti del suo maestro Igles Corelli “frollatura ridotta, marinatura quasi assente per far sentire la voce dell’animale e non nascondere ma esaltare il selvatico”. Come le donne di Tebe indossano un abito di scena trasformandosi in Baccanti, lo scorfano e il tordo (e come non pensare al tordo goloso di Esopo) si avvolgono in un fagottino di pane che ne custodisce i sapori combinati con cime di broccoletti e salsa alla cacciatora, in riuscito equilibrio tra l’elemento dolce e quello amarognolo. Su tutto le potenti note del vino rosso che fa volentieri superare i limiti della razionale sobrietà.

“… e la fatica non è più fatica
quando invoco il dio Bacco.”
Euripide, Baccanti 67

Siamo all’epilogo. Tormentato da una forte inquietudine, Penteo vuole vedere a tutti i costi “le donne prese dalla dis-misura di Dioniso”, come scrive Massimo Donà nel bel saggio Filosofia del vino, e che danzano sui monti boscosi. Desiderio fatale (suscitato dal dio stesso) che, nell’annebbiamento della vista e delle facoltà percettive, trasforma il tiranno da cacciatore che guarda a preda che viene guardata. E ai riti delle Baccanti lo chef si ispira per il dolce, creando un cilindro di cioccolato di neoclassica eleganza e  irresistibile golosità, ricolmo e circondato dei nettari che i tirsi fanno scorrere:
“…chi era presa dal desiderio della bianca bevanda
scavava la terra con le dita e si dissetava
con fiotti di latte. E dai tirsi d’edera
stillavano dolci fiumi di miele.”
Euripide, Baccanti 704

Il gioco del vedere e non essere visto è del resto ben noto allo chef,  la cui apparente invisibilità è l’atto costante delle sue rappresentazioni culinarie.

Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro

si ispira a La caccia, uno spettacolo ispirato alle Baccanti di Euripide ed è diretto e interpretato da Luigi Lo Cascio


Assaggi di… caccia e pesca
Giulio Terrinoni dedica ad Assaggi di Teatro le Pappardelle al nero con ragù di cinghiale, pere al vino e pecorino


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta delle Pappardelle al nero di seppia con ragù di cinghiale, pere al vino rosso e pecorino dello chef Giulio Terrinoni

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Fotografie dello spettacolo La caccia di Luigi Lo Cascio

Assaggi di Teatro 2008-2009 è un incontro di gusto fra Roma gourmet, ETI Ente Teatrale Italiano, Assessorato alle Politiche della Cultura e della Comunicazione del Comune di Roma
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