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Caccia al gusto

“…abbiamo stanato questa preda,
come tu hai ordinato. La nostra caccia non è stata vana.”
Euripide, Baccanti 434

Desiderio di accerchiare, stanare, catturare l’entità inafferrabile per eccellenza, Dioniso che, fra i tanti nomi, ha anche quello di Zagreus, Bacco cacciatore, dio dell’ebbrezza vitale indotta dal vino, elargitore di felicità e di una conoscenza più alta. Anche questo è La caccia, lo spettacolo ispirato alle Baccanti di Euripide, diretto e interpretato da Luigi Lo Cascio.
Quali prodigi possa operare il dono di Dioniso e quanto possa essere mutevole il gusto di ogni conquista-preda lo dimostra Giulio Terrinoni chef che, con piglio creativo e la divertita complicità del palato di Angelo Troiani (per una volta nella sola veste di gourmand), propone accostamenti inediti fra selvaggina, cacciagione e sapori marini. Come a voler liberare il tiranno Penteo dalla sua idea stereotipata del mondo e svelando ai gourmet nuove combinazioni di sapori, fuori da schemi e idee convenzionali.

L’intreccio di gioco e ferinità della caccia si manifesta già nell’amuse gorge, dove una coscetta di colombaccio e un totano tentacolare bramano, da una nuvola di patate, la torre di morbida burrosità sormontata da bottarga e carciofo crudo e rinascono nelle onde mediterranee del vino, perché nel vino è la verità, anche quella dei sapori.
La metafora della caccia allude all’ambiguo scontro tra persecutore e preda. Chi è preda e chi cacciatore fra Penteo, un re, un uomo “che non è fatto per il godimento” e  che non capisce e respinge Dioniso subendone contemporaneamente il fascino, e il dio Bacco che si presenta come uno splendido fanciullo capace di sconvolgere la mente come il Tadzio della Morte a Venezia di Thomas Mann?
Chi è cacciatore e chi preda, il colombaccio – offerto arrostito su una cialda di patate – o l’ermafrodita Marmora, pesce carnivoro, sfuggente e sospettoso? Tra i due, una scia di salsa alla Mugnaia e, come sassolini da seguire per arrivare all’uno e all’altra, saporite bacche di mirtillo.
La caccia a Dioniso viene data anche dal sommelier che lo onora con un vino profumato e dorato come i boccoli e gli “occhi lucenti” del dio nei quali “risplendono le grazie di Afrodite” (Euripide, Baccanti 236).

Dioniso è per gli Ateniesi il dio del teatro e il teatro che parla di Dioniso parla dunque anche di se stesso. Così Acquolina cita la propria vocazione marinara ma anche la capacità di indossare nuovi abiti di scena nel piatto dedicato dallo chef Giulio Terrinoni ad Assaggi di Teatro in carta dal 10 al 22 febbraio: le Pappardelle al nero di Seppia con ragù di cinghiale, pera cotta nel vino rosso e pecorino. Il piatto è sontuoso. È pensiero ed emozione, è gustosa sintesi culinaria dei temi della tragedia di Euripide: c’è la preda e vittima animale agognata da ogni cacciatore, c’è l’eco del mare solcato dalle navi con reti per catturare e alberi maestri come quello tramutato in vite da Dioniso, prima di giungere all’isola di Nasso e incontrare la futura sposa Arianna. E c’è il rito dionisiaco celebrato sia come ingrediente del piatto sia come nettare che lo accompagna: “l’umido succo d’uva che libera dal dolore gli infelici mortali, quando si inebriano con la linfa della vite, e dona il sonno, oblio dei mali quotidiani…” (Euripide, Baccanti 280).

Continua l’intensità di sapori, raccontata anche da Angelo Troiani che sulla selvaggina ricorda gli insegnamenti del suo maestro Igles Corelli “frollatura ridotta, marinatura quasi assente per far sentire la voce dell’animale e non nascondere ma esaltare il selvatico”. Come le donne di Tebe indossano un abito di scena trasformandosi in Baccanti, lo scorfano e il tordo (e come non pensare al tordo goloso di Esopo) si avvolgono in un fagottino di pane che ne custodisce i sapori combinati con cime di broccoletti e salsa alla cacciatora, in riuscito equilibrio tra l’elemento dolce e quello amarognolo. Su tutto le potenti note del vino rosso che fa volentieri superare i limiti della razionale sobrietà.

“… e la fatica non è più fatica
quando invoco il dio Bacco.”
Euripide, Baccanti 67

Siamo all’epilogo. Tormentato da una forte inquietudine, Penteo vuole vedere a tutti i costi “le donne prese dalla dis-misura di Dioniso”, come scrive Massimo Donà nel bel saggio Filosofia del vino, e che danzano sui monti boscosi. Desiderio fatale (suscitato dal dio stesso) che, nell’annebbiamento della vista e delle facoltà percettive, trasforma il tiranno da cacciatore che guarda a preda che viene guardata. E ai riti delle Baccanti lo chef si ispira per il dolce, creando un cilindro di cioccolato di neoclassica eleganza e  irresistibile golosità, ricolmo e circondato dei nettari che i tirsi fanno scorrere:
“…chi era presa dal desiderio della bianca bevanda
scavava la terra con le dita e si dissetava
con fiotti di latte. E dai tirsi d’edera
stillavano dolci fiumi di miele.”
Euripide, Baccanti 704

Il gioco del vedere e non essere visto è del resto ben noto allo chef,  la cui apparente invisibilità è l’atto costante delle sue rappresentazioni culinarie.

Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro

si ispira a La caccia, uno spettacolo ispirato alle Baccanti di Euripide ed è diretto e interpretato da Luigi Lo Cascio


Assaggi di… caccia e pesca
Giulio Terrinoni dedica ad Assaggi di Teatro le Pappardelle al nero con ragù di cinghiale, pere al vino e pecorino


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta delle Pappardelle al nero di seppia con ragù di cinghiale, pere al vino rosso e pecorino dello chef Giulio Terrinoni

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Fotografie dello spettacolo La caccia di Luigi Lo Cascio

Assaggi di Teatro 2008-2009 è un incontro di gusto fra Roma gourmet, ETI Ente Teatrale Italiano, Assessorato alle Politiche della Cultura e della Comunicazione del Comune di Roma
in collaborazione con Arsial

per i Teatri Valle e Quirino

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