Finalmente domenica
“Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni, di tutti i paesi e di tutti i giorni” scrive Anthelme Brillat-Savarin nelle sue meditazioni di gastronomia raccolte nella Fisiologia del gusto. L’aforisma gourmet ben si attaglia ai riti conviviali della famiglia che intorno alla mensa stringe i legami e li rinnova, soprattutto nel rito del pranzo della domenica, un giorno più speciale degli altri. Perché mangiare alla stessa tavola è simbolo dell’unità di una famiglia. Ogni popolo associa determinati cibi a feste familiari come compleanno, iniziazione e matrimonio. Mangiare il cibo è il gesto simbolo della comunione (si può sussistere insieme solo se si condivide, tanto che nelle società tradizionali era sconveniente mangiare o bere da soli in presenza di altri), del dare e del ricevere e del dialogo. È lo strumento da sempre usato per riannodare i fili spezzati da lontananza, difficoltà, segreti e per riavvolgere il filo della memoria, dipanato dall’attrice Marina Malfatti nell’opera Và dove ti porta il cuore di Emanuela Giordano tratta dal romanzo di Susanna Tamaro. Condividere unisce, perchè conferma e rafforza i vincoli familiari E se le festività rappresentano da sempre un momento molto alto dell’arte culinaria tradizionale, questo è particolarmente vero per un locale storico di Roma come La Rosetta che la domenica propone un menu specchio della propria storia e dei piatti marinari che tradizionalmente si offrono la domenica. Ecco che allora dopo un gazpacho di pomodoro e zucca con uova di riccio e sedano concassé di benvenuto, arrivano in tavola i riflessi argentei di un classico della cucina marinara, le stuzzicanti alicette pescate nel Mediterraneo, il mare che la nostra cultura identifica con il viaggio rischioso di Ulisse. Le alici, in passato piatto povero e popolare, diventano una prelibatezza grazie alla mano felice e leggera dello Chef Massimo Riccioli che le serve marinate su crostini insaporiti con i capperi di Serraghia da tuffare nelle fresche profondità del vino bianco che con i suoi profumi di mallo di mandorla regge bene la marinata di aceto e peperoncino fresco delle alicette fresche appena pescate. Le note croccanti della fragrante fritturina di paranza di Anzio accompagnata dal succo di pomodori tardivi intrecciano sul piatto un girotondo di profumi e sapori che inebria, esaltati dal vino che regge perfettamente il gazpacho e accompagna bene il pesce cotto velocemente e fritto, sgrassandolo. Dopo il sorbetto al sedano le papille sono pronte all’esplosione di sapori degli spaghetti con scampi, fiori di zucca e pecorino romano e le vertigini raggiungono il culmine con le triglie alla salvia con broccolo romanesco – piatto dedicato da Massimo Riccioli ad Assaggi di Teatro – cullate dalle note persistenti dello Chardonnay. E dopo aver meditato la ricetta delle Triglie con i crostini di fegatini di triglia (raccomandandosi al pescivendolo affinché non li getti via come scarti), è tempo di godere le uve del vino passito dal profumo di albicocca mai troppo matura portato nel bacino del Mediterraneo dai Greci, ideale per il brindisi finale insieme al festoso tortino di ricotta e visciole di fattura e sapore delicati. Un influsso addolcente e un augurio di buon auspicio sulle nuove fasi della vita a ricordare il monito di Susanna Tamaro a non “credere che la vita sia immutabile, che una volta preso un binario lo si debba percorrere fino in fondo”. Perché il destino “ha molta più fantasia di noi”. |
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