La cucina è da sempre il modo più diretto di entrare in contatto con culture diverse, perché mangiare gli alimenti altrui è più facile che decifrarne la lingua. Per questo il cibo, depositario di tradizioni e identità culturali, si presta a mediare fra culture opposte e costituisce un veicolo di scambio. Un ruolo tanto più importante in un quartiere come l’Esquilino, dove convergono le etnie più disparate. Nel mare magnum delle Lanterne rosse, Hang Zhou ha saputo distinguersi e farsi amare dai romani che, essendoci già stati o avendone sentito parlare, fanno la fila fuori dalla porta finché non si libera un tavolo, senza lasciarsi sfiorare dall’idea di andare a cercare un altro posto.
L'insegna della vecchia sede in via San Martino ai Montia
Merito della bellissima via che accoglie la fila, quella S. Martino ai Monti (protettore delle caprette come dei cornuti) dove visse il Domenichino, breve ma industriosa (ospita un restauratore, un artigiano argentiere, una pizzeria, una trattoria, un hotel, un bar bistrot, un bar e basta, una birreria, un kebab). Merito di Sonia, vezzosa direttrice immortalata nelle foto che letteralmente tappezzano le pareti con i suoi cappellini intonati alle sgargianti divise in compagnia dell’ospite famoso di turno, merito delle ragazze che servono ai tavoli, gentili anche se in affanno, e merito naturalmente della cucina che mostra una discreta continuità. |