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Kensho

Vedere l’essenza. Lo zen e la cucina di Kensho a Torino
di Maria Luisa Basile

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Una delle più deliziose caratteristiche del popolo giapponese è il profondo amore per la natura, fiori e alberi in particolare. La contemplazione della fioritura primaverile e del foliage autunnale muove gioiose compagnie come singoli esteti, mossi dallo splendore rosa e bianco dei fiori di ciliegio o da quello purpureo delle corolle a forma di calice delle azalee, dalla scarlatta meraviglia degli aceri o dalla meraviglia delle innumerevoli varietà di crisantemi. Centinaia di poesie vengono infilate fra i rami delle magnolie in boccio e un ramo di magnolia in un vaso è oggetto di contemplazione durantel a cerimonia del tè e di ispirazione per piccole torte che ne imitano i petali. Il culto per i fiori e la natura è parte integrante della vita dei giapponesi e si riverbera su tutti gli aspetti della loro esistenza, arte, religione, letteratura e poesia, giardinaggio. E anche sulla cucina.
AIngresso e mise en place
Questa filosofia ispira l’impostazione dei menu degustazione di Kensho, ristorante nel centro storico di Torino che nell’insegna adotta un termine giapponese della tradizione Zen, composto dai caratteri Ken che significa “vedere”, e shō che esprime “essenza”. Le anime di Kensho sono il fondatore Max Chiesa, proveniente da una famiglia cinese dedita alla ristorazione in Valle d’Aosta e che si ritiene “nato dentro la vocazione alla cucina etnica” e Alessandro Daddea, cuoco italiano che coltiva la passione per la cucina giapponese sin da bambino, quando va in un ristorante giapponese di Torino con la sorella. Sviluppa poi interesse alla cucina di pesce, frequenta corsi ad hoc e fa esperienze in varie cucine sino all’approdo in via dei Mercanti, considerato il miglior indirizzo giapponese della città, dove afferma uno stile nel quale miscela rispetto per la tradizione, spunti autonomi e influenze delle tendenze contemporanee.
L’intuizione e la comprensione della cucina giapponese di questo ristorante parte dunque dalle stagioni, in una forma di contemplazione che si esprime innanzitutto attraverso la scelta dei loro migliori frutti, dalle verdure al pescato alla frutta, una combinazione attenta a sapori e contrasti, e presentazioni curate nell’estetica, soprattutto nelle entrées e nei dolci. Una misura ripresa anche dal design della sala principale nella quale i colori terrosi e morbidi dei mattoni lasciati a vista si alternano alle boiserie in legno chiaro che percorrono la parta bassa delle pareti e un’ariosità aiutata dalla luce che filtra dalle grandi vetrate affacciate sulla strada
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Benvenuto della cucina
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Un menu d’inverno che ammicca già alla primavera può iniziare con i forti contrasti della Tropical Hamachi, un ceviche nel quale la delicata ricciola e la rotondità dell’avocado sono corteggiati con il solito impeto del passion fruit, il tutto stemperato da minuscole scaglie di cocco ghiacciato e da una foglia di shiso (l’odoroso vegetale cinese superfood, paragonabile al basilico per la forma ma più aromatico) in tempura che riporta equilibrio e prepara il palato all’assaggio successivo.
Omakase Sushi
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Il secondo atto dell’Ume Menu è l’Omakase Sushi, una tavolozza scelta dallo chef nella quale i filetti pregiati di salmone, tonno, crostacei e polpe bianche si apprezzano per la freschezza e la buona mano nel taglio, ma soprattutto per alcune delicate citazioni alla cultura mediterranea come per esempio le ben dosate gocce di vinaigrette o la spolverata di capperi ottima sul filetto di branzino, a rendere più personale quello che è ormai un classico dei ristoranti di cucina giapponese in Italia.
Ramen
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Il gioco della garbata contaminazione nippo-sabauda è protagonista del Ramen, la celebre ed elaborata zuppa nata come cibo povero da consumare per strada che anche in Giappone presenta umami leggermente diversi a seconda delle regioni, qui preparata con piemontesissimi tajarin all’uovo al posto dei noodles. Fedeli alla ricetta gli altri ingredienti, dalle sapide fettine di pancia di maiale in umido (chashu), alle uova marinate alla giapponese (ajitsuke tamago), unito dal profumato brodo di kombu e katsuobushi che seppure alleggerito nel suo fondo, risulta saporito e vigoroso.
Sapori decisi anche per il Black code, il pregiato merluzzo Carbonaro dell’Alaska dalla polpa tenerissima. Macerato tre giorni in una marinatura di miso e daikon, quando arriva in tavola è avviluppato nel peculiare aroma dolce e sapido della salsa teriyaki. Lo chef ama sperimentare ma restando nel solco della tradizione asiatica, ricalcando una cultura che è il frutto dell’alternarsi di periodi isolamento e apertura al mondo esterno
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Gnocchi di riso e Champignon
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Il dolce alla pera Nashi è un trompe-l’oeil, un sottile guscio di cioccolato bianco custodisce un gelato alla pera e un nocciolo di marmellata. Sapori dosati con perizia ed equilibrio, delicati ma riconoscibili.
Dessert alla Pera Nashi
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A pochi passi da Kensho, è possibile visitare dei musei di arte orientale più interessanti d’Italia, il MAO. Oltre alle collezioni, da visitare il bookshop.
Cartoline dal MAO Museo di Arte Orientale di Torino
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KENSHO
Via dei Mercanti 16, Torino
Telefono 011 19781256
Aperto a cena, anche a pranzo sabato e domenica
Giorno di chiusura mai
Max Chiesa
Chef Alessandro Daddea

© Maria Luisa Basile
Leggi l’intera sezione dedicata all’Alta Cucina Asatica contemporanea in Italia: Gong, Azotea, Ba Restaurant, IYO, Mu Dimsum e…

 

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