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Calabria. L’amore e il rispetto per la natura ispirano il radicale cambiamento di vita di un cuoco e una cuoca: Fabio Torchia nel Parco del Pollino e Raffaella Piccinino nella Sila

Calabria L’amore e il rispetto per la natura ispirano il radicale cambiamento di vita di un cuoco e una cuoca: Fabio Torchia nel Parco del Pollino e Raffaella Piccinino nella Sila
Testi e Fotografie Maria Luisa Basile

La transumanza è definita dall’Unesco come l’antica pratica attuata ogni anno per spostare il bestiame guidato da pastori insieme ai propri cani e cavalli lungo percorsi sempre uguali. Non è solo una forma di pastorizia, ma anche un complesso di rituali e pratiche sociali comuni che disegnano rapporti fra persone, animali ed ecosistemi e intrecciano l’ordito di una pregiata filiera gastronomica. I pastori transumanti attuano infatti metodi di allevamento sostenibili grazie all’ottima conoscenza dei territori dove accudiscono gli animali, reperiscono le risorse, affrontano i pericoli naturali, custodiscono e tramandano pratiche di produzione artigianale degli alimenti. L’inizio e la fine della transumanza, in primavera e in autunno, sono momenti importanti e di festa durante i quali la condivisione di cibo, musica e storie è l’occasione per rafforzare i legami della collettività ma anche per trasmettere le pratiche alle generazioni più giovani.
Santuario della Madonna del Pettoruto a San Sosti, nel Parco del Pollino (CS)
Foto cortesia di Fabio Torchia
Accade al nord come al sud e un esempio è dato dalla Calabria dove una festa molto sentita è quella del Santuario della Madonna del Pettoruto a San Sosti, in provincia di Cosenza, a 543 metri di altitudine, nella gola formata dal fiume Rosa tra il monte Montea ed il monte Mula. In un certo senso la Madonna del Pettoruto è la patrona dei pastori, ai quali sarebbe spesso apparsa, ma la sua celebrazione, molto sentita, è la festa dell’intera comunità. La racconta con molto sentimento Fabio Torchia, cuoco del ristorante “La Tana del Ghiro” che dodici anni fa ha raccolto l’eredità di Zia Giannina, intenta a cucinare per i pellegrini dentro una casupola trasformata oggi nel ristorante. E cosa preparava ai viaggiatori se non la capra “alla feraiola” dedicata alla tradizionale fiera millenaria del Santuario? Quella donna dalla sapienza antica era la zia della moglie di Fabio Torchia il quale, dopo aver lasciato la carriera di broker finanziario e la vita di città, ha deciso di iniziare insieme alla moglie Loredana Marasco una seconda vita all’interno del Parco del Pollino, attorniato dalla natura e con un’idea precisa di cucina e ristorazione improntate alla sostenibilità.
Fabio Torchia (La Tana del Ghiro, San Sosti CS) e Raffaella Piccinino (La Pecora Nera di Albi (CZ) sono fra i protagonisti di questo racconto di persone, transumanza e territorio in Calabria
Ma torniamo alla capra calabrese transumante. Si tratta di una capra rustica originaria del Pollino creduta estinta fino a quando un censimento dell’ARPAC ha scoperto l’ultimo pastore che ancora la alleva. La vicenda di questa rustica, “un tempo diffusa in ogni famiglia della Sila che ne teneva qualche capo per latte e formaggio e oggi quasi scomparsa, è più o meno la stessa dei vitigni autoctoni della Calabria come Guarnaccia, Magliocco e Moscato” – racconta Fabio Torchia – “estirpati per far posto all’uva francese con resa più alta da una popolazione che aveva necessità di migliorare le proprie difficili condizioni di vita”. Allo stesso modo, la capra calabrese del Pollino, di piccole dimensioni e con bassa resa in termini di latte, è stata abbandonata in favore di allevamenti più redditizi. Oggi rimane un ultimo allevatore che sta trasmettendo l’arte della pastorizia alla figlia, Daniela Bellisario. La giovane pastora porta al pascolo sui Monti di Orsomarso queste bestiole dal manto folto e prive di corna, forti e con quel musetto simpatico che solo le caprette hanno, mentre la mamma è la casara di famiglia, dedita alla produzione dei formaggi.

Parco Nazionale
del Pollino

È una catena montuosa dell’Appennino meridionale, costituita dai Massicci del Pollino e dell’Orsomarso, al confine tra Calabria e Basilicata. Dalle sue vette, oltre i 2200 metri sul livello del mare (fra le più alte d’Italia), si ammirano le coste tirreniche di Maratea, Praia a Mare e Belvedere Marittimo e a est il litorale ionico da Sibari a Metaponto. Il bellissimo pino loricato è il suo simbolo.
www.parcopollino.gov.it

Fiera del Santuario della Madonna del Pettoruto

Il Santuario si trova a San Sosti, in provincia di Cosenza, a 543 metri di altitudine, nella gola formata dal fiume Rosa tra il monte Montea ed il monte Mula. A settembre è oggetto di una festa molto sentita e di una fiera dalla storia antica.

 

La Capra alla feraiola è una specialità di Fabio Torchia chef de La Tana del Ghiro a San Sosti, in Calabria (CS)
Se l’allevamento non è facile, neanche la preparazione della capra alla feraiola è una passeggiata, richiedendo “molte ore di preparazione, passaggi precisi da rispettare e dunque molta esperienza e manualità” da parte di chi affronta il cimento. La ricetta è codificata e antichissima, legata a doppio filo alla pastorizia essendo cucinata proprio durante la transumanza. La cottura della carne, tagliata a pezzi ma lasciando le ossa che insieme al midollo contribuiscono a dare sapore, richiede dalle sei alle otto ore e avviene in una grossa pentola (un calderone che a seconda del dialetto era chiamato tinìellu, cotturo, quadara…). La prima cottura avviene insieme alle profumate erbe aromatiche spontanee del Pollino come rosmarino selvatico, maggiorana, salvia, timo, a vincere l’afrore selvatico; solo dopo viene aggiunto il pomodoro fresco che quindi non è un sugo addizionato per coprire la forte fragranza che connota l’ovino, ma un ingrediente aggiunto in una fase precisa per donare armonia. Il risultato è una carne tenera, affiorante da un sugo lungo che sprigiona i profumi delle erbe aromatiche; un piatto dal sapore morbido in bocca e tendente al dolce, dalla sapidità volutamente poco spinta, per esaltare il laborioso processo di preparazione.
Capra alla feraiola, ricetta della transumanza
Con il suo ristorante Fabio Torchia contribuisce a creare un indotto economico sul territorio premiando chi, dagli agricoltori agli allevatori, si impegna nella produzione di cose buone, nel rispetto dell’ambiente e del benessere animale. Conosce personalmente il pastore che gli fornisce le carni della capra rustica per il piatto alla feraiola cucinato solo in precisi periodi dell’anno per non interferire con i tempi di allattamento delle capre, e si rivolge solo ad allevatori di fiducia anche per il reperimento del suino nero apulo dal quale ricavare pancetta e altri insaccati tipici della norcineria calabrese.
Si tratta di animali che vivono allo stato brado, muovendosi liberi anche in inverno, seppure al riparo. Il maiale nero apulo infatti non può stare recluso, produrrebbe troppi grassi che invece sgambettando all’aria aperta brucia spontaneamente, frollando le proprie carni in maniera naturale. A fornire i capi è l’azienda agricola Agri Reggio di Motta San Giovanni, nata nel XIX secolo, divulgatrice presso le giovani generazioni dei valori della tradizione in materia di nutrizione e allevamento nonché del rispetto della stagionalità dei prodotti agricoli (si possono visitare gli allevamenti, con il valore aggiunto di percorrere i sentieri grecanici scoprendo il paesaggio naturale e il suo valore) e punto di riferimento per le tecniche artigianali della tradizione norcina grecanica, senza impiego di conservanti. Qui i maiali sono scelti dal cuoco, marchiati e dopo la macellazione vengono fatti frollare per almeno quindici giorni prima di procedere alla preparazione di insaccati tipici come pancetta arrotolata, capocollo, salsiccia messi poi a stagionare.
Antipasti calabresi di qualità artigianale: Pancetta arrotolata da maiale nero apulo semibrado, patate di montagna e peperoni, formaggi di capra rustica del Pollino
Le produzioni artigianali locali trovano posto anche nelle preparazioni del menu di Fabio al confine fra dolce e salato come un antipasto a base di formaggio di capra prodotto dall’ultima casara del luogo dal sapore talmente straordinario per intensità e gusto da trasportare chi lo assaggia nei pascoli ricchi di erbe di montagna, e un dessert a base di fiore di zucca ripieno di crema di ricotta artigianale e scorzette di agrumi. Un’ideazione molto felice, nella quale il cuoco favorisce l’unione fra sapori antagonisti, evita l’uso di zucchero grazie al miele di arancia e ottiene un sapore vellutato e avvolgente, amplificato dall’aggiunta sul fondo del piatto di un velo di miele di fichi – laboriosa golosità un tempo molto diffusa e divenuta ormai rara, limitata alla preparazione familiare – che nell’incontro con la sapida frittura del fiore di zucca fa scintille. Indirizzi

La Tana del Ghiro
Via Badia
San Sosti (CS)

Telefono 0981.60163

Agri Reggio Salumificio
Via Goffredo Mameli 7
Lazzaro, Motta San Giovanni

 

Fiore di zucca in pastella ripieno da crema di ricotta su miele di fichi, proposto come dessert dallo chef Fabio Torchia, La Tana del Ghiro a San Sosti (CS)
Quanto la transumanza in Calabria continui a essere di ispirazione per la condivisione e lo scambio di usi e tradizioni gastronomiche è dimostrato da un’altra vicenda, quella di Raffaella Piccinino, cuoca e proprietaria insieme al marito Stefano Robolini della locanda “La Pecora Nera” di Albi, nel piccolo villaggio di Buturo della Sila, in provincia di Catanzaro.
Raffaella e Stefano hanno fatto una scelta di cesura rispetto alla vita che conducevano al nord, a Genova per gli studi e poi in Emilia, trasferendosi nel piccolo villaggio (Boturo) della Sila a oltre 1500 metri sul mare dove Raffaella era nata ma che aveva lasciato a quattro anni insieme alla famiglia. In tempi lontani i nonni vi avevano aperto uno spaccio che serviva i boscaioli, poi trasformato dai genitori in ristorante ma dato in gestione. Fino all’adolescenza Raffaella andava ogni estate a trascorrere le vacanze in Calabria, ma la consapevolezza di voler abbracciare quella vita sarebbe nata molto tempo dopo. Tredici anni fa, superati i quarant’anni di età, la scelta di venire a vivere nella Sila insieme al marito, a stretto contatto con la natura; con i pregi di un ambiente incontaminato e i difetti di una vita solitaria, soprattutto in inverno. L’insegna “La Pecora Nera” vuole comunicare che si tratta di ristoratori come gli altri, “non migliori ma un po’ diversi e decisi a rompere con un certo costume locale del mangiare tanto e senza fare troppa attenzione alla qualità” sottolinea Raffaella. La tradizione viene onorata, ma giocando con preparazioni e ingredienti scelti con attenzione.
Raffaella Piccinino e la rielaborazione della pasta china proposta dalla chef a La Pecora Nera di Albi, Parco della Sila, Calabria (CZ)
La transumanza dal mare alla montagna passa anche da questi sentieri, avviene a giugno, dura circa tre giorni e le mandrie, soprattutto bovine, restano al pascolo fino alle prime nevi. I formaggi più diffusi sono le provole silane, seguite da qualche caciocavallo e poche tome di pecora. I formaggi di capra amati da Raffaella provengono dal piccolo allevamento artigianale di una casara del luogo, Maria Procopi; le verdure, ingrediente preferito della cuoca, sono fornite da ortolani di fiducia con il plus di una stagionalità diversa dalla pianura che permette di raccogliere cavoli e verze nei campi anche in estate. La lotta allo spreco si concretizza anche nella buona pratica dell’utilizzo di ogni taglio degli animali, anche lingua e coda, con un uso del quinto quarto (abbinato per esempio alla giardiniera) altrimenti sconosciuto nella zona. I piatti di Raffaella sono uno specchio della tradizione gastronomica silana e della sapienza agricola e pastorale, ma così come uno specchio riflette al contrario, anche la cuoca elabora la tradizione rispettandone l’essenza e insieme trasfigurandola e attingendo ingredienti anche fuori regione quando scopre qualcosa che le piace. Patate con peperoni e pasta china sono due piatti del suo menu eredi della transumanza. Le patate locali insaporite dai “pipi riggitani” costituiscono un tipico piatto di montagna: i due ingredienti venivano cotti e insaporiti in padella (frissura, in dialetto) per poi andare a farcire un panino scavato della mollica che veniva riposto nel fazzoletto portato al lavoro.  

Parco Nazionale della Sila
È una vasta zona protetta la cui estensione coinvolge tre delle cinque province calabresi, la provincia di Catanzaro, di Cosenza e di Crotone.
Fra i parchi nazionali italiani è quello con la maggior percentuale di superficie ricoperta da boschi, circa l’80%, costituiti principalmente da faggete e pinete del tipico pino silano (Pinus nigra laricio).
Nelle ampie vallate è praticata la pastorizia, con forme di transumanza e alpeggio che resistono ancora.

www.parcosila.it

Pinus Laricio
Diffuso su tutto l’altopiano della Sila, le foreste di Pino Laricio sono ricordate da Plinio, Livio e Virgilio.
I “Giganti della Sila” sono Pini Larici ultracentenari di imperiose dimensioni, con tronchi alti fino a 45 metri e base di due metri di diametro, e formano scenografici colonnati naturali.
Il Pino Laricio silano, insieme al Pino Loricato del Pollino, è l’albero simbolo della Calabria. Infatti è presente sullo stemma e gonfalone della Regione Calabria, insieme agli altri tre simboli: capitello dorico, croce bizantina e croce potenziata.

 

I piatti descritti nell’articolo sono stati gustati durante un evento Slow Food – Cheese
La pasta che i pastori portavano nelle bisacce durante la transumanza delle greggi e che mangiavano mentre camminavano senza neppure fermarsi, precorrendo il cibo di strada contemporaneo, nella cucina di Raffaella Piccinino prende le sembianze del pacchero, scelto come il più adatto tra i formati contemporanei proposti da un pastificio artigianale locale, Fioccata, che impiega grani antichi. Nell’ottica del gioco, la cuoca attinge alla ricetta della tradizione locale e la trasforma in una pasta china, ossia ripiena. Svincolandosi dalla tipica presentazione a strati, la fa diventare un vero e proprio piatto della festa grazie al pregio degli ingredienti che la insaporiscono e che le famiglie dei pastori non potevano certo permettersi tutti i giorni: polpette di carne di razza Podolica sfumata in cottura con Moscato di Saracena, pomodoro seccano di Zagarise, uova e provola silana (ma va bene anche un buon caciocavallo come quello di Ciminà).
Percorso a ritroso anche per la ‘mpanata che da nutriente colazione contadina diventa dessert. La ‘mpanata era una zuppa a base di frammenti di pane leggermente raffermo sul quale si versava il siero di latte della mungitura del mattino per ammorbidirlo e poi la ricotta ancora calda. Tutto si mescolava nella ciotola di legno usata per la colazione da contadini e pastori. Nel dessert di Raffaella gli stessi ingredienti vengono combinati con panna e zucchero in un gelato che non vuole essere dissacrante ma semplice divertimento, con un risultato spiazzante e piacevole. Sopra viene versato un miele di sulla, la pianta erbacea lontana parente dei fagioli che in primavera tinge di rosso con i suoi fiori purpurei le colline degradanti verso il mare. Un miele saporito ma non troppo audace, adatto a conferire dolcezza senza coprire i sapori.
Due dolci: la ‘mpanata trasformata in gelato con nota piccante di Raffaella Piccinino, La Pecora Nera e il fiore di zucca di Fabio Torchia, La Tana del Ghiro
Isolati nel piccolo villaggio di Boturo e con solo una ex caserma della forestale come vicina di casa (il paese più vicino dista undici chilometri e in passato è capitato di restare isolati diversi giorni a causa delle forti nevicate), la decisione di allargare l’ospitalità de La Pecora Nera accogliendo gli ospiti nelle tre stanze della locanda e tenendo per sè la mansarda dove la coppia vive, è dettata anche dalla necessità di coltivare rapporti umani. E scambiare esperienze con persone affini, che scelgono di andare in un luogo bello ma anche privo di connessione internet e televisore. Che scelgono insomma la natura. La locanda per Raffaella e Stefano “è lavoro ma anche vita, e necessità di starci al meglio”. Negli anni hanno accolto visitatori da tutto il mondo, dalla Francia alla Russia, mantenendo i rapporti nel tempo e facendo scoprire un aspetto forse meno conosciuto della Calabria. Una regione che non è solo mare, ma anche e soprattutto natura, essendo ricoperta per l’80% da boschi. Indirizzi

La Pecora Nera
Villaggio Buturo
Albi (CZ)

Telefono 339 4222531

Cosa fare nel Parco della Sila
Escursioni a piedi, in Mountain bike e a cavallo,
Bio e Bird-Watching, Fotografia naturalistica,
Sci di fondo e di discesa,
Orienteering (disciplina di origine scandinava che consiste nell’orientarsi all’interno della natura, anche consultando le carte e usando la bussola),
Tiro con l’arco

 

Fabio Torchia nel Pollino e Raffaella Piccinino nella Sila hanno trovato il coraggio di intraprendere scelte ardimentose che hanno cambiato radicalmente il loro stile (e qualità) di vita, andando ad accrescere con la loro passione ed entusiasmo sinceri il pregio di territori non sempre conosciuti in tutto il loro valore paesaggistico, gastronomico e umano, ricchi di storie ancora tutte da raccontare.
Maria Luisa Basile © Riproduzione vietata 
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