Testaccio è il mercato coperto, il Monte dei Cocci, Porta Portese. È il ponte sul quale muore Accattone, la via Bodoni dove Elsa Morante ambienta parte del romanzo “La storia”, l’infilata dei locali di svago spenti di giorno quanto infiammati la notte. È l’ex mattatoio, oggi sede della Galleria d’Arte Contemporanea e che, forse per coerenza, ospita altrettanto inquietanti allestimenti. Sembra lontano il tempo del chiosco -ricordato dallo studioso Livio Jannattoni- che la buona Oberdana aveva sulla piazza del mattatoio e che i macellai conoscevano bene per la sua bravura nel preparare marmitte di padellotti, pajata e soprattutto coda alla vaccinara, la regina del Quinto quarto. Una cucina povera e popolare, nata a Testaccio e nel rione Regola, dove “le vacche erano di casa” e la sponda del Tevere pullulava di conciatori di pelli ricavate dopo la mattazione. Impiegando quel quarto di animale che nessuno voleva e che rappresentava gli scarto regalato ai "vaccinari", o "scortichini", come integrazione della paga, massaie e cuochi hanno ideato le ricette che ancora oggi costituiscono l’universo gastronomico romano.
Lingresso del ristroante Checchino di Roma
La cucina del Quinto quarto è la protagonista del menu di Checchino, evoluzione di una rivendita di vino ai piedi del Monte dei cocci gestita dal 1870 dagli antenati della famiglia Mariani, poi trasformata in osteria con cucina, trattoria e infine nell’attuale ristorante. Dopo oltre cento anni, i fratelli Mariani, figli di Ninetta, perpetuano l’eredità e continuano a farsi interpreti di quella cucina tradizionale romana che la loro famiglia ha contribuito a elaborare. I golosi, foresti o aborigeni che siano, vengono accolti con gentilezza e professionalità in un locale luminoso e ampio, di quell’eleganza appena datata che in fondo ti aspetti. Seguendo i consigli dei sempre disponibili patron o affidandosi al gusto, una bella e ampia carta dei vini e tre menu degustazione guidano nella scelta fra i classici (di alcuni piatti il menu riporta ingredienti e storia). Oltre alla celebre coda, sfilano la squisita insalata di zampi, i succulenti rigatoni con la pajata, la trippa, la lingua bollita (pure troppo) con salsa verde, il bue garofalato... sino ai molti formaggi odorosi e ai discreti dolci che concludono un’esperienza da conservare come buon ricordo insieme all’omonimo piatto.
© Maria Luisa Basile – riproduzione vietata
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