Oltre a unire le due metà di Torino tagliate dalla ferrovia che corre fino alla vicina Stazione Porta Nuova, Corso Dante custodisce un edificio di rilievo per la storia cittadina: qui nel 1899 sorse il primo stabilimento Fiat (ancora visibile nell’odierno Centro di addestramento professionale Giovanni Agnelli). E proprio la presenza di vecchi docks, uffici, edifici industriali e la vicinanza del multietnico S. Salvario, conferiscono ai luoghi una particolare atmosfera, da quartiere bohemien di Londra o News York dove quasi per caso scoprire gli ambienti eleganti e raccolti in stile club di questa meta gourmet.
La sala, preceduta da un intimo salotto, illuminata dalle note argento della tappezzeria e ingentilita dalle sedie di linea vagamente orientale accostate ad ampi tavoli decorati da fronde argentate, fa da adeguato sipario alla cucina di Stefano Gallo, in sapiente equilibrio fra tradizione e innovazione, entrambe interpretate con la raffinata leggerezza che deriva da una tecnica consolidata e priva di ostentazioni tecnologiche. È il caso della variazione di Trota salmonata servita come gioioso e stuzzicante amouse bouche dagli accostamenti morbidi e delicati. O della tavolozza di Alici del Tirreno affumicate (personalmente) al legno di rovere e marinate negli agrumi. Un vertiginoso e spiazzante tuffo nel sapori del Sud, fra polpe salmastre e fruttate e seducenti note marine e di terra.
Le radici piemontesi dello chef, ben riconoscibili nel canovaccio del menu, rappresentano il punto di partenza per un viaggio dal disegno più ampio e complesso, con tappa irrinunciabile nella ricerca delle materie prime migliori sia del territorio, come le farine selezionate per preparare in casa il pane e i grissini proposti secondo antica ricetta, sia esotiche, come il succoso mango thailandese abbinato al pescato crudo. Un'attenzione alla qualità e una ricerca incessante che sembra trovare origine nella storia dei numerosi e antichi mercati della città: oltre a quello di piazza delle Erbe, a S. Giovanni si andava per pollame, uova e cacciagione, a Porta Palazzo per frutta e verdura, sui sagrati di San Gregorio e di San Tommaso per carne macellata e grano, nel cortile di San Benigno per burro e latticini e al Corpus Domini per olio, fragole e funghi. Gli ovini erano venduti nell’attuale piazza Savoia e il pesce si trovava alla chiesa di San Francesco da Paola.
Luoghi cittadini caratterizzati ancora oggi da una grande frenesia che a questa tavola sembra fermarsi, sostituita dai tempi calmi e riflessivi della cucina, dalla quale escono un Baccalà, in polposo trancio confit e mantecato con olio allo zenzero, e una Terrina di foie gras con rabarbaro di equilibrio perfettamente riuscito. Come rotondo e raffinato è l’accostamento fra la pastosità dei gamberi rossi di Sicilia e la morbidezza dei ceci di Spello che si incontrano e fondono in briosi Tortelli gonfi di sapore.
La cacciagione, tradizione antica da sempre legata agli ambienti naturali del Piemonte, rivive nella fantasia cuciniera dello chef che a cielo terra e acqua tributa amorose preparazioni che abbracciano quaglia, anatra, piccione.
Emozioni forti anche al momento del dolce, sotto il segno del cioccolato, prodotto simbolo della città e qui esaltato nella Variazione e nella triade Cacao vaniglia nocciole distillata in tortino e spalleggiata da frutti della passione.
La crescita costante registrata negli anni testimonia come ogni miglioramento abbia costituito non un punto di arrivo ma uno stimolo a raggiungere nuovi traguardi. Conquiste vissute tuttora con modestia, dote dei grandi.
© Maria Luisa Basile |