È un viaggio al contrario quello compiuto da Claudio e Anna Vicina, non una fuga ma un avvicinamento alla città, dalla campagna di Borgofranco di Ivrea nel Canavese. La scelta, dopo una prima tappa in via Massena, è caduta sull’orizzonte lontano di via Nizza che va a confondersi nell’ex periferico Lingotto, all’interno dello scrigno gourmet di Eataly. È lunghissima via Nizza, si pensa mentre il taxi sfreccia da un semaforo rosso all’altro: inizia dal corso Vittorio Emanuele II con palazzi e portici e prosegue con gli edifici ferroviari di Porta Nuova sino alla Stella che spicca sul monumento eretto all’incrocio con via Marconi. Ricordo della “promessa patriottica” seguita ai moti del 1821 guidati da Santorre di Santarosa che portarono alla concessione della Costituzione da parte di Carlo Alberto. Un’illusione di libertà che si infranse con l’arrivo di Carlo Felice, la revoca della carta costituzionale e l’intervento degli austriaci. A guardare la stella pare di rivederli i patrioti raccolti nella via per giurare di realizzare, anche a costo della vita, il sogno dell’Italia unita.
Arrivati alla vecchia fabbrica del vermouth Carpano (di settecentesca invenzione) che ospita Eataly, è difficile resistere alla tentazione di curiosare fra gli scaffali prima di scendere alle cantine, superare le stanze di stagionatura, l’enoteca e finalmente oltrepassare la porta a vetri del ristorante. Un luogo di eleganza quasi austera, luci basse, toni neutri piacevolmente vivacizzati dai piatti di Claudio e Anna Vicina che con i loro colori accesi e i sapori ben definiti, illuminano come fuochi d’artificio le ovattate atmosfere.
La cucina è di orgogliosa matrice regionale, rielaborata in chiave moderna ed elegante nell’ideazione ed elaborazione dei piatti come nella loro presentazione, molto curata e dai vivaci accostamenti cromatici.
Sembra uscita da un disegno di Andy Warrhol la multistrato Bagna cauda, piatto piemontese per antonomasia, solitamente considerato di non proprio leggera assimilazione e qui destrutturato e reso quasi etereo. Il bicchierino è servito a inizio pasto, come benvenuto e manifesto della cucina di Claudio Vicina, che fa tesoro delle ricette di famiglia per reinterpretarle in chiave moderna e salutistica, lavorando per sottrazione non solo nei tempi di cottura e nella dose di grassi, ma anche negli ingredienti che possono risultare di ostica digestione, aglio in testa.
Ne sono gustosi esempi il Tonno di coniglio grigio di Carmagnola servito con giardiniera di verdure agrodolci o l’Insalata russa in versione “domenicale”, con zoccolo morbido di tonno. Assai simpatiche le presentazioni dei piatti: nel primo caso un cilindro di verdure dal quale pare uscire il coniglio insieme alla sua vegetariana dieta e nell’altro una torre costruita con cubetti di verdure legate dalla maionese e con tanto di pennacchio sventolante di carote.
A ribadire che l’aglio qui è bandito come forse solo alla tavola di Dracula ma senza sacrificio di sapori, ecco la saporosa farcia di salsiccia (di produzione dello chef) e parmigiano reggiano 4 mesi del Fiore di zucca, il profumo di carpione delle Polpette, il fondente di porri all’agro della Terrina tiepida di pollo, la delicata salsa verde alleata col fondente di pomodoro negli Gnocchi di seirass. Un altro primo piatto imperdibile per morbidezza e rotondità di sapori sono i panciuti Agnolotti Vecchia Eporedia (Augusta Eporedia è il nome dato dagli antichi romani a Ivrea), chiusi col pizzicotto e lucidi del ricco sugo d’arrosto.
La cura per l'ospite trova un naturale proseguimento dalla cucina alla sala in Stefano Vicina che presiede con attenzione ai tavoli.
I dolci sono curati da Anna che attinge sia dalla tradizione, come le perfette Pesche ripiene al cioccolato e amaretti, sia da fantasia e stagionalità, come la vivace Gelatina di albicocche decorata dalla rosa fresca cristallizzata e dalla ginevrina di frutta (altra icona della confetteria torinese). Anche la memoria storica del luogo è onorata: nel Sorbetto al Carpenè con sambuco cristallizzato e arancia candita.
© Maria Luisa Basile |