L’hanno battezzata “Operazione Voli Pindarici”. Ieri mattina, di buon’ora, i Nas di mezza Italia hanno fatto visita a un centinaio di ristoranti, molti dei quali stellati, in cerca delle polverine cattive, ultimo anello della pessima catena cominciata tre settimane fa con un servizio di “Striscia la notizia” sui cosiddetti cuochi chimici. Tra sussurri e sospetti, finte denunce e prese di distanza, il tormentone nato dal libro del giornalista tedesco Jorg Zipprich contro la nuova cucina ha prodotto il sequestro amministrativo “a titolo cautelativo” di nove dei quindici additivi prodotti in Spagna e commercializzati sotto il nome “Texturas” (consistenze, in spagnolo).
Motivo, l’insufficiente descrizione di utilizzo dei prodotti sull’etichetta esterna della confezione italiana.
Tanto rumore per nulla? Al contrario, un pandemonio che sta mettendo in subbuglio l’intera cucina italiana. Perché quella tra i fautori della cucina molecolare e i tradizionalisti, lungi dall’essere una battaglia per la qualità, suona come la resa dei conti tra generazioni di cuochi e di gastronomi, tra differenti visioni della cucina moderna e del modo di offrirla ai clienti, Cuochi contro, insomma, in nome del nuovo che avanza.
Le polverine cattive altro non sono che le sostanze utilizzate da almeno mezzo secolo nelle cucine di casa e nei laboratori dell’industria alimentare. Se a inventare il dado di carne fu l’illustre chimico dottor Liebig e gli scienziati di inizio ‘900 già si dilettavano con il gelato all’azoto, a modificare gusto e consistenze nei piatti di ogni giorno sono colla di pesce e glutammato, pectina e bicarbonato. Come li vogliamo definire: chimica o natura?
Massimo Bottura, due stelle Michelin, miglior cuoco insieme a Pierangelini e Vissani per l’Espresso, Tre Forchette sulla guida del “Gambero Rosso” è finito suo malgrado sul banco degli imputati. “Quelli di Canale 5 sono venuti nel mio ristorante con le videocamere nascoste. Hanno contestato un piatto che è un inno alla naturalità, dei bocconi di carne cotti a bagnomaria sottovuoto per preservarne succhi e sapori. Ma che senso ha? Accidenti, lotto da sempre per difendere le piccole produzioni, per salvaguardare la cucina di territorio. Mi hanno invitato in Brasile per tenere delle lezioni sulla cucina a km 0…. Ieri sono venuti i Nas. Hanno controllato la cucina, mangiato i miei piatti. Hanno scritto che la nostra è cucina di territorio e che non usiamo nessuna sostanza insalubre. Ci mancherebbe. La lecitina la danno per abbassare il colesterolo e l’agar agar è più naturale della colla di pesce!”.
Alcuni tra i Grandi Vecchi, patron di santuari gourmand che la crisi economica e le nuove modalità del mangiare quotidiano hanno messo in disparte, non sembrano così dispiaciuti dell’ondata anti-molecolare. Ma gli under50 sono tutti con Bottura. Troppo grande, il piacere di regalare nuova vita ai piatti di ieri. Molto più che le polverine può la cultura: studiare le reazioni fisiche e chimiche, giocare con le consistenze, il tutto corroborato dalle grandi materie prime regionali è il nuovo orizzonte dell’alta cucina. Scambiare la cucina d’autore con le minestre in busta è congeniale a chi le produce. Chissà se la prossima volta, l’inchiesta partirà dalle etichette dei prodotti degli sponsor televisivi.
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